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Criptovalute come riserva: se Trump sbaglia mossa, indovina chi paga il conto

Addio restrizioni! Gli USA si preparano alla più grande rivoluzione economica degli ultimi 20 anni

Ricordate la Lehman Brothers?

Ricordate la Lehman Brothers?

Donald Trump ha deciso di fare delle criptovalute un pilastro della sua politica economica, annunciando la creazione di una riserva strategica statunitense che includerà Bitcoin, Ether e altri asset digitali. L’effetto è stato immediato: il valore di Bitcoin è schizzato di oltre il 20% e altre criptovalute hanno registrato rialzi ancora più marcati. Ma mentre il mercato festeggia, gli esperti del settore finanziario e della regolamentazione mettono in guardia sui rischi di questa mossa.

Giancarlo Devasini, CFO (capo) di Tether

Da un lato, la prospettiva di un governo apertamente pro-crypto ha acceso l’entusiasmo degli investitori, soprattutto dopo anni di regolamentazioni restrittive sotto l’amministrazione Biden. Trump ha sempre visto le criptovalute come uno strumento per consolidare il dominio economico degli Stati Uniti e contrastare l’influenza cinese. La sua amministrazione ha già iniziato a nominare funzionari favorevoli al settore, lasciando intendere un drastico allentamento delle normative che finora hanno limitato l’espansione di questo mercato.

Le criptovalute sono notoriamente volatili. Il loro valore può crescere vertiginosamente in brevi periodi, ma altrettanto rapidamente può crollare. Durante il 2022, il settore ha perso oltre 2.000 miliardi di dollari di capitalizzazione, senza tuttavia intaccare il sistema finanziario tradizionale proprio perché esisteva una netta separazione tra i due mondi. Ora, con la strategia di Trump, questa barriera rischia di dissolversi. Se le criptovalute venissero integrate nelle banche tradizionali e nei mercati finanziari regolamentati, un loro crollo non sarebbe più confinato a un settore di nicchia, ma potrebbe avere ripercussioni sistemiche, proprio come avvenne con i mutui subprime nel 2008.

La crisi finanziaria del 2008 è stata in parte attribuita alla deregolamentazione del settore bancario durante l'amministrazione Clinton. In particolare, l'abrogazione del Glass-Steagall Act nel 1999 ha permesso alle banche commerciali di operare in settori di investimento ad alto rischio, contribuendo all'accumulo di asset tossici che hanno portato al collasso di istituzioni come Lehman Brothers.

Uno degli aspetti più preoccupanti riguarda la possibilità che i fondi pubblici vengano utilizzati per acquistare e detenere criptovalute nella riserva strategica. Se questo dovesse accadere, significherebbe che i contribuenti statunitensi si troverebbero esposti alla volatilità di asset altamente speculativi. Inoltre, non è ancora chiaro da dove verrebbero reperiti i fondi per questa operazione: potrebbero derivare dalle tasse, da emissioni di debito o persino dal sequestro di criptovalute in operazioni di polizia. Quest’ultima ipotesi, però, non rappresenterebbe un vero afflusso di liquidità nel mercato, ma solo un trasferimento di asset già esistenti.

La deregolamentazione promessa da Trump potrebbe anche aprire la strada a un’ondata di truffe ai danni di piccoli investitori. L’ultimo esempio lampante arriva dall’Argentina, dove il presidente Javier Milei ha promosso una criptovaluta chiamata $Libra sui social network, spingendo migliaia di persone a investire. Nel giro di poche ore il valore del token è crollato, bruciando oltre 100 milioni di dollari. Negli Stati Uniti, la Securities and Exchange Commission ha sanzionato innumerevoli operatori di criptovalute per pratiche fraudolente, ma se il controllo passasse a un ente meno attrezzato come la Commodity Futures Trading Commission, le protezioni per gli investitori potrebbero ridursi drasticamente.

Donald Trump (Fonte Instagram)

Il rischio maggiore, tuttavia, rimane quello sistemico. Wall Street, che fino a pochi anni fa guardava con sospetto alle criptovalute, ha cambiato atteggiamento. Colossi come BlackRock, Citigroup, Goldman Sachs e Barclays stanno progressivamente entrando nel settore, spinti dalla prospettiva di enormi profitti. Ma il problema è se queste aziende stiano valutando correttamente il rischio. Se dovessero sbagliare, il risultato potrebbe essere un effetto domino simile a quello del 2008, con il governo costretto a intervenire per salvare le istituzioni finanziarie e milioni di cittadini colpiti dalle conseguenze economiche.

Anche gli stablecoin, che dovrebbero essere le criptovalute più sicure perché ancorate al dollaro, nascondono insidie. Nel 2022, il collasso di TerraUSD ha dimostrato che anche questi asset possono perdere completamente il loro valore in poche ore. Tether, il più grande stablecoin al mondo, è stato accusato in passato di non avere sufficienti riserve per coprire il proprio valore. Se uno stablecoin di questa portata dovesse collassare, le ripercussioni si propagherebbero rapidamente in tutto il mercato finanziario, causando una fuga di capitali e un possibile crollo del sistema.

Trump ha costruito gran parte della sua narrazione politica sulla promessa di rendere l’America più forte e più ricca. Ma il rischio è che questa spinta verso le criptovalute possa trasformarsi in un gigantesco boomerang. Se il mercato crypto continuerà a salire nel breve termine, è possibile che molti americani vengano attirati dalla prospettiva di guadagni facili, investendo i propri risparmi o addirittura indebitandosi. Ma quando la bolla scoppierà, saranno proprio questi investitori a pagarne il prezzo più alto. La storia della finanza è piena di momenti in cui l’entusiasmo irrazionale ha portato a crolli devastanti. E se questa volta fosse proprio lo Stato a innescare il disastro?

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