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Letto per voi
16 Marzo 2025 - 09:30
Nel fresco ritorno di George Simenon con "Il grande Bob" (Adelphi, 19 euro, traduzione di Simona Mambrini), nella riscoperta del grande autore simbolo stesso del "giallo", ci troviamo di fronte a un racconto che sfida le aspettative classiche del genere poliziesco, pur senza rinunciare a un profondo livello di investigazione. Ma senza il poliziesco.
Al centro della narrazione troviamo il dottor Charles Coindreau, alle prese con il misterioso suicidio del suo amico Bob, un evento che in un primo momento era stato archiviato frettolosamente come un tragico incidente. L'autore ci guida attraverso una riflessione intima e avvincente, in cui il padrone di un bistrot ricorda come Bob avesse un modo insolito di guardarsi allo specchio, un indizio di un disagio interiore che spesso sfugge all'occhio esterno. Questo spiraglio di verità accende la curiosità di Coindreau, spingendolo a scavare nel passato del Grande Bob, l’eterno spiritoso del quartiere, noto per la sua affabilità e le sue partite di belote, ma anche per la sua predilezione per il vino bianco a qualsiasi ora.
Simenon dipinge un quadro vivido di Montmartre, ma anche dei fiumi dove la pesca è rituale sociale, un mondo dove Bob e sua moglie Lulu sono figure centrali di un microcosmo variegato, in cui le convenzioni sociali si piegano e si adattano alla ricerca della felicità individuale. Lulu, descritta come una donna radiosa e di larghe vedute, accetta le infedeltà di Bob in cambio della sua allegria, rendendo la loro casa un rifugio aperto a ogni tipo di ospite e comportamento. L’esplorazione di Coindreau scava oltre la patina di felicità che tutti attribuivano a Bob, per rivelare un mare di complessità e sofferenza nascosta. In questo processo di scoperta, Coindreau non trova solo risposte sulla morte del suo amico, ma anche nuove e potenti comprensioni su se stesso. Simenon, con la sua maestria narrativa, ci conduce in un viaggio profondo nell’animo umano, lontano dai tradizionali cliché del romanzo investigativo.
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