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Gran bollito misto, roba da re: ecco la versione piemontese

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Pare che Vittorio Emanuele II fosse particolarmente ghiotto di carni, e tra tutti i piatti della cucina piemontese ne prediligesse uno in particolare: il gran bollito misto, detto anche gran bollito risorgimentale. Qualcuno dice che lo cucinasse la Bela Rosin, notoriamente capace a tenere a bada gli impeti mangerecci del regale marito con una cucina davvero robusta. Ed il bollito è davvero robusto: un piatto che si deve gustare a stomaco vuoto. Benché il bollito sia un piatto tipico di tutta la pianura padana, quello “alla piemontese” è speciale, più ricco e più carico di storia dei suoi omologhi del nord Italia, diffusi dalla Romagna alla Liguria.

Eccolo, il gran bollito risorgimentale: si compone di sette tagli di vitello, cotti insieme in una grande pentola. Essi sono: groppa o capocollo o tenerone, gamba o stinco, pancia o scaramella o biancostato o grasso-magro, culatta, cappello da prete o arrosto della vena o sottopaletta, punta col suo fiocco, ed infine la rolata; seguono sette “ammennicoli”, tagli più piccoli da cuocere separatamente: la testina, la lingua, lo zampino, la coda, la gallina, il cotechino e la lonza; ed infine sette bagnèt, cioè sette salse diverse: due tipi di bagnèt verd, una salsa rossa, una salsa al miele e noci, una salsa al rafano, una cugnà e una mostarda di frutta. Il tutto, con dei contorni di verdure (almeno quattro, per la ricetta tradizionale: patate o carote lesse, spinaci al burro, biete al burro e cipolle in agrodolce).

Dunque, una volta pronto il bollito ogni commensale riceve i 14 tagli accompagnati da patate e carote lesse, insalata di cipolle, biete e spinaci al burro. Il bollito si gusta rigorosamente con una bottiglia di vino rosso (o più, a seconda dei commensali); sia esso barbera, dolcetto o grignolino, o ancora i più ricercati barbaresco o barolo. Tutti vini del territorio piemontese, e non potrebbe essere altrimenti per un piatto che ha il suo baricentro nel Monferrato astigiano.

La fiera del bollito più celebre e nota è d’altronde a Moncalvo, la più piccola città d’Italia, cuore storico del Monferrato: da 400 anni qui si svolge la storica fiera del bue grasso e del bollito. Anche Carrù, nel Cuneese, è un luogo che ha fatto del bollito un suo piatto forte: da oltre un secolo questo comune celebra il bue grasso con una fiera folkloristica che mescola buon vino ed ottimo cibo.
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