l'editoriale
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16 Ottobre 2021 - 16:00
Biete, spinaci o erbette edibili: questi sono gli ingredienti che caratterizzano i rabaton, uno dei piatti più tradizionali dell’Alessandrino (per l’esattezza, tipici di Litta Parodi, Mandrogne, Cascinagrossa e del territorio della Fraschetta in generale). L’aspetto è simile a quello degli gnocchi: sono allungati e sottili, e d’altronde il nome sembra derivare dall’alessandrino “rabaté”, arrotolare, o dal termine dialettale “andé a rabaston”, cioè “strascicare”, dovuto all’azione della mano che va a creare il rabaton. Questi grandi gnocchi vengono arrotolati nella farina prima di essere gettati nell’acqua bollente. Un tempo era considerato un piatto povero (poverissimo: la Fraschetta era una delle aree più povere del Piemonte) ma oggi è rivalutato: i rabaton sono diventati un piatto delle feste, specie del Natale o del Capodanno.
La ricetta dei rabaton prevede, come detto, le erbe, gli spinaci o meglio ancora le biete (le coste, in piemontese). È anche necessaria la ricotta o il latticello, ma è possibile usare anche il piemontesissimo seirass. È necessario preparare le coste, che andranno cotte per pochi minuti in acqua, quindi andranno scolate e strizzate. Anche il seirass dovrà essere scolato, per eliminare il siero in eccesso. Le bietole dovranno essere quindi tritate in un mixer, ma senza sminuzzarle eccessivamente: anzi, lasciarle un po’ “grossolane” renderà il piatto ancora più rustico. Si aggiungerà quindi la ricotta, una o più uova, del parmigiano e del pangrattato, amalgamati per creare un composto che andrà insaporito con l’aggiunta di sale, del pepe e della noce moscata. Dovrà avere la consistenza di una polpetta. Quando il composto sarà divenuto modellabile, andranno create delle palline da allungare con le mani e da arrotolare nella farina. I rabaton così ottenuti dovranno essere lessati in acqua bollente, avendo cura di non far durare la cottura che per pochi minuti: altrimenti, si sfalderanno. Quando i rabaton verranno a galla, come gli gnocchi, potranno essere scolati con la schiumarola e disposti in una terrina imburrata. La tradizione li vuole disposti allineati, come dei bravi soldatini: si cospargeranno di parmigiano grattugiato e si faranno cuocere in forno per una quindicina di minuti, al fine di dorarli. Andranno quindi serviti caldi. Sono ottimi con l’Arnèis e, in generale, con i vini bianchi. Ma anche un Grignolino può essere un buon accostamento. Essendo molto delicati, deve essere un vino leggero.
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