Percorrere oggi il Vercellese, il Novarese e parte del Casalese significa avventurarsi in un singolare paesaggio che riflette il cielo in ampi rettangoli lucidi: sono le risaie, uno dei paesaggi più singolari e tipici del Piemonte Nord-Orientale. La cosa singolare è che questa coltura, che sembra così naturale nella pianura tra Torino e Milano, è in realtà frutto di una antica importazione dall’Oriente: fino al Quattrocento, i dintorni di Vercelli erano dominati dai boschi pochi sapevano cosa fosse il riso, roba “esotica” e misteriosa.
Nemmeno i romani conoscevano bene il riso, tant’è che non ne svilupparono mai la coltivazione; alla caduta dell’impero romano seguirono anni difficili, nei quali fu necessario impedire che tutte le terre precedentemente coltivate diventassero gerbidi inospitali. A tal fine, si impegnarono soprattutto i monaci delle abbazie, che letteralmente salvarono l’Italia dalla decadenza preservandone i fertili campi. A questo punto, si può capire perché nessuno perse tempo a coltivare il riso: c’erano altre priorità cui pensare.
Fu dopo l’Anno Mille che si iniziò a coltivare il riso, in via sperimentale. Ancora una volta furono i monaci a fare da apripista: ci pensarono i cistercensi di Lucedio, vicino a Vercelli. Nel 1400 la risicoltura iniziò a diffondersi, anche se inizialmente fu il ducato di Milano a sviluppare maggiormente questa coltivazione, grazie ai numerosi canali che già esistevano nella piana lombarda. A fine Quattrocento, il Vercellese iniziò ad ospitare molte risaie, con macchinari per la raffinazione sempre più complessi.
Nel Cinquecento, l’area tra Cigliano, Santhià, Tronzano e Vercelli era stabilmente impegnata a risaia. Nel Seicento il riso divenne un “prodotto tipico”, come diremmo oggi: ne parlavano diffusamente i primi scrittori che si occupavano di cose piemontesi, e nel Settecento le risaie iniziarono ad attirare l’attenzione dei viaggiatori stranieri. La piaga del governo rivoluzionario francese provocò la quasi scomparsa della risicoltura, precipitata da un 25% dei terreni del Vercellese del periodo ante-rivoluzione ad un misero 8% al ritorno dei Savoia.
Ci pensò il conte di Cavour a fare qualcosa per le risaie, ma il suo era un interessamento motivato dal fatto che la sua famiglia possedeva il ricco feudo di Leri, a due passi da Vercelli. Il conte promosse la costruzione di un imponente canale, che oggi porta il suo nome che fu, una volta ultimato, il più lungo canale artificiale in Europa; il progetto fu inizialmente abbandonato e finito dopo la morte del Tessitore.
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Nondimeno, nel 1853 Cavour fondò l’Associazione di Irrigazione Ovest Sesia, primo esempio di consorzio irriguo privato italiano. Le risaie fermarono l’avanzata austriaca in Piemonte nel 1859: l’esercito nemico fu fermato dall’allagamento provocato dall’ingegner Carlo Noè, su ordine di Cavour. Oggi le mondine sono sparite e il panorama agricolo del Vercellese è profondamente mutato: il riso piemontese resta comunque una garanzia di qualità, un emblema del nostro territorio da tutelare e da valorizzare.
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