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La Croce Verde in via Balbis 1 e Lombroso primo presidente

Croceverdine

Via Balbis è un angolo silenzioso di borgo San Donato, una piccola via con una storia singolarissima perché è di gran lunga la più antica del quartiere - anche se è una delle più corte - e perché qui ebbero la loro sede due note industrie dolciarie piemontesi: la Caffarel e la Talmone. Meno noto, invece, è il fatto che proprio in questa viuzza acciottolata ebbe la sua sede cittadina la Croce Verde, che fu fondata il 7 giugno 1907 dopo una parentesi in via Santa Chiara.

Primo presidente, un personaggio d’eccezione: Cesare Lombroso, che tuttavia diresse la Croce Verde di Torino per poco tempo. Gli subentrò Gian Pietro Chironi, che presiedette l’ente fino al 1910. La prima sede della Croce Verde era, in quegli anni, in via Santa Chiara, in un edificio ormai scomparso al civico 64 della via, distrutto dai bombardamenti dell’ultima guerra. Fu proprio Chironi, ricordato da una piazza nel quartiere Campidoglio, a portare la Croce Verde nella sua sede «storica» in via Balbis 1, in un edificio all’angolo con via Le Chiuse, che esiste ancora oggi.

Erano anni di grande attività: i volontari della Croce Verde partirono, il 29 novembre 1908, per Messina e Reggio Calabria, distrutte dal terribile sisma. Era il primo intervento della neonata associazione. Nel 1914, subito dopo essere diventata Ente Morale, la Croce Verde allestì a Torino un ospedale con 350 letti allo scopo di curare i soldati che provenivano dal fronte: questo nosocomio prese il nome di Ospedale Territoriale ed ebbe sede nei locali della scuola di Giuseppe Parini, nell’allora Corso Ponte Mosca (oggi, corso Giulio Cesare), eretta nel 1882.

La trasformazione della Parini in ospedale permise di convogliarvi alcune delle menti più brillanti dell’epoca, come il capitano medico Angelo Soresi, proveniente da New York per dirigere il reparto chirurgico. Soresi, direttore dell’International Journal of Gastro-Enterology e capo chirurgo al Green Point di Brooklyn, era senza dubbio una mente brillante, della quale l’Italia aveva bisogno per fronteggiare l’emergenza, in un’epoca nella quale mancavano gli antibiotici e nella quale le ferite all’addome erano considerate così gravi da non curare nemmeno i soldati che riportavano simili lesioni (la mortalità, in questi casi, arrivava al 100% o quasi).

Il suo metodo di medicare tali ferite, poco invasivo e sperimentale, era considerato una vera novità nell’ambito della medicina di allora. In questo ospedale paramilitare operavano anche molte volontarie, dette Croceverdine: tra esse, Nerina Debenedetti, passata alle cronache del tempo per essere morta in servizio a soli 23 anni, per una infezione contratta in ospedale.

Nel 1919, al termine della guerra, l’ospedale fu chiuso per essere trasformato in istituto delle malattie del lavoro. Torino, pur prodiga nel ricordare molti personaggi, non ricorda il dottor Soresi e anche il piccolo ma importante sacrificio di Nerina Debenedetti è stato dimenticato.

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