Camminiamo sereni sul filo di un rasoio. Si consuma così il secondo giorno dell’elezione del Presidente della Repubblica con i partiti che sembrano aver ripassato troppo in fretta le vecchie liturgie, al punto da continuare a fare tattica nonostante l’importanza vitale della posta in gioco. Dimentichi, almeno in apparenza, di equivoci pericolosi: possiamo davvero rischiare uno stallo con un Paese che ha il terzo debito pubblico del mondo, una valanga di miliardi da spendere (oltre 200) per ottenere i quali abbiamo appena 12 settimane per ultimare i progetti da presentare all’Europa , mentre la pandemia non si ferma e gli ospedali sono in affanno? L’ostracismo generalizzato verso Draghi che invece è invocato come garante dalla finanza internazionale, mentre si ricorrono i primi nomi che pur autorevoli sono solo frutto della tattica, e dunque sacrificabili, offrono un’immagine della politica distante dai reali problemi della gente, delle imprese e del Paese nel suo complesso. Ripassare la cantilena delle schede bianche di lunedì con la triste ripetizione di ieri fa temere che la politica possa ritenere che il governo di unità nazionale voluto da Mattarella abbia esaurito il proprio ruolo, anche se appare surreale l’ipotesi di far saltare il banco. Non tanto per una questione di responsabilità verso i cittadini, quanto per il rischio di elezioni anticipate. La cronaca della giornata ci mostra una parata di nomi, esposti nella pubblica piazza (e facile bersaglio di veti incrociati). I primi a farsi avanti sono i tre del centrodestra, Salvini, Meloni e Tajani che, durante una conferenza stampa che non ammette repliche, hanno sciorinato tutta d’un fiato la terna: Pera, Moratti e Nordio. Se con una mano Salvini ci mostra cosa vuole farci vedere è nell’altra che tiene segreta la carta che vuole tirare fuori all’ultimo minuto e che porta il nome della presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati. È il suo uno dei nomi che il centrodestra potrebbe tirare fuori a partire dalla chiama di domani, nella speranza che goda del favore dei grillini e dei centristi. Se poi è vero che una cosa è tanto più nascosta quanto più sta sotto il naso di tutti, basta guardare alla sinistra di Salvini, verso Tajani, per trovare l’altro asso nella manica del centrodestra. L’uomo di Berlusconi dal curriculm «fantasmagorico», come non manca di sottolineare la Meloni. Attendista invece il centrosinistra, che per iniziare il suo incontro ha voluto prima vedere quali nomi sarebbero usciti dalla conferenza stampa del centrodestra, dimostrando ancora una volta di giocare una partita in difesa. Salvo poi bocciarli in blocco, senza fornire un’alternativa. E Mattarella? Ormai il trasloco pubblico del Presidente uscente è concluso, ma la sua ombra resta sullo sfondo di ogni tattica e strategia, così come quella del premier Draghi che secondo i bene informati potrebbe giocarsi il testa a testa con Casini. Con un rischio non da poco: che il gran rifiuto spinga Mario Draghi ad abbandonare, non tanto l’ipotesi del Colle, quanto la guida dell’esecutivo.
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