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L’impotenza di Versailles

Bombe
Ora la guerra è ufficialmente alle porte dell’Europa: i bombardamenti, ieri, hanno colpito anche le città nell'ovest dell'Ucraina, ossia ai confini dell’Unione Europea, che per parte sua guarda sgomenta e diplomaticamente impotente in quel di Versailles. Aeroporti, fabbriche, più obiettivi civili che militari, in questa avanzata dell'esercito di Putin: Mariupol ormai circondata, con ponti e strade minati, Kiev che teme attacchi anche dalla Bielorussia, trascinata pretestuosamente nel conflitto, movimenti di truppe e mezzi in avanti e poi indietro anche tra Romania e Polonia. E lo spettro delle Forze Tigre, le squadre speciali dell’esercito siriano che si potrebbero presto aggiungere allo scacchiere, agli ordini di Putin: sedicimila volontari (o mercenari) arruolati come rinforzi per la Russia, ma tra i quali potrebbero celarsi anche ex combattenti dell’Isis.

L'Europa riunita a Versailles prende atto, forse, dell’inutilità delle trattative diplomatiche con inviati non autorizzati a trattare. Dal Cremlino arriva una “apertura” che in realtà è un ultimatum: la Russia vuole l’annessione della Crimea e lo stop dell'avanzata della Nato, che tradotto significa una ritirata delle forze atlantiche. A quel punto, l’offensiva potrebbe finire. Ma non è dato di sapere quanto a occidente si creda a questo, altrimenti alcune democrazie avrebbero già abbandonato le forze ucraine al loro destino o fatto pressioni per la resa (prima o poi ci si arriverà).

Gli Stati Uniti promettono l’invio di militari per proteggere i confini Nato e intanto cercano di colpire la Russia nel commercio. Dal vertice del G7 arriva l’annuncio di nuove sanzioni economiche, mentre l'Inghilterra si appresta a una ulteriore stretta sugli oligarchi di “Londongrad”. Draghi, che a un osservatore poco addentro ai meccanismi diplomatici potrebbe sembrare ai margini della politica che conta, con buona pace della sua nomea valida quando si discute di Pnrr, ha detto che c’è molto allarmismo in quello che legge e sente, ma che comunque «non è ancora una economia di guerra, ma bisogna prepararsi».

Cereali, gas, materie prime: chi non la tocca piano e non si nasconde è il francese Macron, che non esita a usare la parola «carestia» come spettro per Africa ma anche Europa. La situazione è delicata, «fra dodici o diciotto mesi saremo ancora più destabilizzati», perché le scorte sono quelle che sono e non è possibile seminare in maniera intensiva adesso, non nella misura che servirebbe. E se il presidente Joe Biden insiste a dire che «Putin sta perdendo questa guerra», di certo non si può dire che l’Europa la possa vincere.

andrea.monticone@cronacaqui.it
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