Imprevedibile, instabile. E per questo molto pericoloso. Vladimir Putin si conferma ciò che è sempre stato. Nella guerra sul campo, che si inasprisce e colpisce con pesanti bombardamenti Kiev proprio all’indomani delle trattative che avevano lasciato intravedere qualche timido spiraglio di pace. E in quella economica, tornando sui propri passi rispetto all’apertura sui pagamenti del gas che sembrava disposto a ricevere in euro e in dollari. «Gli Usa - ha dichiarato ieri, senza avvalersi di ministri e portavoce - cercano di risolvere i propri problemi a scapito altrui. I loro errori in campo economico cercano di scaricarli su di noi. Cercano di spingere l'Europa ad acquistare il gas americano, che è più caro». Ergo, le aziende occidentali dovranno pagare il gas di Mosca in rubli. A partire da oggi. E per farlo dovranno aprire un conto in valuta locale presso una banca russa. Questa l’indicazione, che assomiglia tanto a un ordine, arrivata ieri dallo zar, che ha firmato anche il decreto che fissa il nuovo obbligo. Immediata, come prevedibile, la reazione dei mercati con il prezzo del gas schizzato alle stelle. Determinata, la reazione dei Paesi europei, che - almeno per ora - non si sono fatti spaventare da quello che Germania e Francia hanno immediatamente definito «un ricatto». «Dobbiamo prendere in considerazione tutti gli scenari, dobbiamo prepararci perché domani potrebbe non esserci più il gas russo», ha detto il ministro francese Bruno Le Maire in conferenza stampa con l’omologo tedesco Robert Habeck. «Non dobbiamo dare il messaggio che ci lasciamo ricattare da Putin», ha detto Habeck. «I contratti devono essere rispettati», ha aggiunto. E ancora La Maire: «Non accetteremo in alcun modo di pagare il gas in altre divise rispetto a quelle sancite dai contratti». Il decreto di Putin - e questo è forse l’aspetto più preoccupante - contraddice la posizione espressa fino a ieri dallo stesso leader russo. Il Cremlino, infatti, aveva precisato che «ci sarebbe voluto tempo» per attuare la politica dei pagamenti esclusivi in rubli. Una frenata, dunque, rispetto all’obiettivo di imporre tutte le transazioni energetiche nella divisa russa. Ma la firma di ieri ribalta completamente la situazione, confermando la scadenza del primo aprile già dettata dalle autorità russe. Una dinamica identica a quella che si sta registrando nelle tundra, con migliaia di persone uccise da bombe e missili. La Russia, qui, a parole tratta con l’Ucraina, Putin parla al telefono con i leader occidentali, ma intanto Mosca continua a bombardare le città. Con le dichiarazioni dei negoziatori che non corrispondono a quanto accade sul campo e talvolta si contraddicono tra loro. Quasi come se Putin stesse giocando a una sua personalissima guerra da solo, chiuso in una stanza d’avorio. Come in una partita di Risiko. Solo che qui i carri armati non sono di plastica. E il sangue è quello vero dei bambini. L’Italia, intanto, dal canto suo registra il via libera al dl Ucraina con l’aumento delle spese per gli armamenti. Il Senato ha approvato con 214 voti favorevoli e 35 contrari. Ma il governo ha dovuto mettere la fiducia.
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