Dopo settimane di trattative e rinvii, la Commissione Europea vara la rimodulazione del percorso verso il 2035. L’obiettivo non viene cancellato, ma alleggerito: il target per auto e furgoni non sarà più “zero emissioni” allo scarico, bensì una riduzione del 90%, con la possibilità di compensare il residuo attraverso un sistema di crediti. Uno scivolo che apre la strada a soluzioni non esclusivamente elettriche, come ibridi plug-in, mild hybrid e range extender, affiancati a veicoli elettrici a batteria e a idrogeno. Dunque, i grandi produttori, come Stellantis, hanno vinto? Ecco cosa potrà cambiare per loro sul mercato.
Il nuovo obiettivo sulle emissioni
Il fulcro della proposta è la revisione del 2035: la riduzione delle emissioni allo scarico si ferma al 90% e il 10% residuo potrà essere compensato con crediti legati all’uso di carburanti rinnovabili sostenibili (biocarburanti ed e-fuels) o all’impiego di acciaio a basse emissioni prodotto nell’Unione. La Commissione precisa che il meccanismo sarà “gestito” per mantenere la gran parte della riduzione al tubo di scarico, salvaguardando la traiettoria verso la neutralità climatica. «Non stiamo rinunciando agli obiettivi climatici», ha sottolineato il vicepresidente Stephane Sejourné. «La decarbonizzazione entro il 2035 resta un obiettivo chiaro, ma con modalità di calcolo più flessibili».
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Crediti e carburanti sostenibili Il sistema dei
crediti è il ponte tra
industria e
clima: i costruttori potranno ottenere compensazioni dimostrando l’uso di
biocarburanti ed
e-fuels certificati o materiali a basse emissioni. In questo quadro, «i
veicoli ibridi plug-in (Phev), i
range extender, gli ibridi leggeri e i motori a combustione interna potranno continuare a svolgere un ruolo anche oltre il
2035», accanto agli Ev e ai modelli a idrogeno. È la traduzione pratica del principio di
neutralità tecnologica, invocato da più governi e dal mondo produttivo.
Flessibilità 2030-2032 e veicoli commerciali Per il triennio 2030-2032, i target potranno essere rispettati su base triennale anziché annuale, senza cambiare gli obiettivi cumulati: una finestra che agevola la
pianificazione industriale. Per i
veicoli commerciali leggeri, riconoscendo un ritardo nella diffusione dell’elettrico, il nuovo obiettivo al 2030 è una riduzione del 40% delle emissioni. Un tassello tecnico ma strategico è la definizione della “
piccola auto elettrica”: una sottocategoria sotto i 4,20 metri che potrà beneficiare di
supercrediti e
incentivi mirati, un assist per chi presidia il segmento delle compatte. Nel pacchetto rientra anche l’
automotive omnibus: rimozione di barriere per i furgoni elettrici e semplificazione dei test Euro 7. Secondo le stime Ue, il risparmio per l’
industria è nell’ordine di 700 milioni di euro l’anno.
Flotte aziendali e leva fiscale Per spingere la domanda,
Bruxelles punta sulle
flotte aziendali, circa il 60% delle immatricolazioni nell’Ue. La logica è doppia: accelerare il ricambio nel nuovo e immettere più rapidamente elettriche e ibride nel mercato dell’usato, da cui compra l’80% dei cittadini europei. Il regolamento introdurrà obiettivi vincolanti per
Stato membro su quote di auto e furgoni a zero o basse emissioni nel 2030 e nel
2035, modulati in base al Pil pro capite. Gli obblighi si applicheranno solo alle grandi imprese (oltre 250 dipendenti e 50 milioni di fatturato), escludendo le Pmi. Gli Stati avranno piena discrezionalità sugli strumenti, con un probabile uso della
leva fiscale: l’esempio citato è il Belgio, dove la riforma delle flotte ha spinto le elettriche a batteria al 52% nel segmento corporate. Prevista anche una clausola di contenuto europeo: gli aiuti pubblici alle flotte saranno riconosciuti solo per veicoli puliti prodotti nell’Ue, a tutela della base
industriale continentale.
Le reazioni: tra apertura e richiesta di ulteriori passi Per il ministro delle Imprese e del Made in Italy,
Adolfo Urso, «la proposta è un primo passo nella giusta direzione, una breccia nel muro dell’ideologia, con il riconoscimento della
neutralità tecnologica e del
Made in Europe». Ma, aggiunge, «ora il muro va abbattuto» con una revisione «più organica, radicale e concreta», estendendo la
neutralità tecnologica anche alle flotte e ripensando il regolamento sui
veicoli pesanti. Dal fronte
industriale, il segnale è letto come un alleggerimento significativo: «Il pacchetto riconosce che l’attuale quadro non è adeguato a una transizione che sostenga l’
industria europea e la mobilità accessibile», afferma
Stellantis.
Cosa cambia per i costruttori Per i gruppi più esposti alle citycar e ai
veicoli commerciali, come
Stellantis, il passaggio dal 100% allo scarico al 90% con
crediti rappresenta ossigeno regolatorio, soprattutto considerando come la strategia del Gruppo guidato da
Antonio Filosa ora sia virata sull'ibrido. Per
Volkswagen e
Renault, già avanti sull’elettrico, la spinta sulle flotte e il rapido afflusso di Ev nell’usato potrebbero accelerare i volumi.
Bmw e
Mercedes-Benz, con forte concentrazione sul
premium, guardano con interesse alla
flessibilità triennale e al sistema dei
crediti, leve utili a scaglionare i costi di adeguamento.
Prossime tappe Il pacchetto prevede una revisione complessiva nel 2032 per misurare gli effetti sul mercato e calibrare eventuali ulteriori interventi. Nel frattempo, le nuove regole fissano una rotta meno rigida ma più gestibile, con il dichiarato intento di tenere insieme
transizione ambientale, salvaguardia
industriale e accessibilità per i
consumatori.