Parla Putin. Parla a braccio nel cosmodromo di Vostochny nella sua prima apparizione pubblica lontano da Mosca. E chiarisce gli obiettivi di quella che continua a chiamare “operazione speciale”, rifiutando qualunque altro vocabolo. «Le nostre ragioni sono assolutamente comprensibili, sono nobili. Il nostro scopo principale è aiutare le persone del Donbass perché le autorità di Kiev hanno rifiutato di rispettare gli accordi che avrebbero portato ad una soluzione pacifica». Insomma ribadisce quanto ha detto fin dall’inizio, assicurando che «gli obiettivi verranno raggiunti senza alcun dubbio». E infine Putin conclude con una promessa: «Andremo fino in fondo». Parole che lette oggi, mentre a Mariupol si combatte forse l’ultima battaglia e il sindaco parla di ventimila morti tra i civili, possono fare intendere che non ci sarà tregua, e neppure un vero cessate il fuoco, fino a che l’intero territorio del Donbass sarà in mano russa e il presidente Zelensky darà un segnale di resa. Già dalla mattina di ieri, mentre le truppe corazzate e gli elicotteri da combattimento prendevano posizione, si è capito che anche le stragi rientrano nella strategia dello zar. Nessuna pietà, nessuno sconto. Forse neppure a chi si arrende. Fonti del Pentagono confermano che la tenaglia di Mosca si sta chiudendo, mentre dalla resistenza ucraina giungono voci addirittura di armi chimiche lanciate sulla città e sul porto, anche con l’ausilio di droni. Un’altra pagina tragica che di fatto conferma le intenzioni del Cremlino. Il Donbass, Mariupol e il suo porto sono i veri obiettivi della guerra, insieme alla distruzione programmata di città e paesi senza pietà alcuna verso la popolazione civile. Resta da capire quanto sia disposta, anche la Russia, a pagare un prezzo altissimo di vite umane tra i propri militari. In questo contesto tuttavia procedono anche se con difficoltà i negoziati di pace. Come riferisce il Guardian, il consigliere di Zelensky che guida le trattative per l’Ucraina avrebbe detto che la Russia avanza sempre nuove richieste e che i negoziati si sono spezzettati in sottogruppi di lavoro. Ma non si sono mai interrotti. Come leggere queste dichiarazioni? I più ottimisti intravedono uno spiraglio di pace possibile sono dopo la battaglia che si combatte nell’est del paese. Come dire che Putin cerca, entro i primi giorni di maggio, una vittoria da vendere al popolo per la festa che si celebra il giorno 9 per ricordare la capitolazione della Germania nazista nella seconda guerra mondiale. E, aggiunge qualcuno, per gettare un velo su una delle guerre più sanguinose e inutili del secolo.
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