A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca, diceva qualcuno in passato. E non si può che pensar male della frettolosa smobilitazione dell’Ustif (l’Ufficio Speciale Trasporti a Impianti Fissi) che avrebbe dovuto vigilare, attraverso i suoi ispettori, sul corretto funzionamento della funivia del Mottarone, così come di altri impianti di risalita. L’Ustif sembra essere sparito dai radar, proprio quando la procura e il Gip di Verbania avrebbero la necessità di chiarimenti per valutare le responsabilità di quella tragedia. Una decisione, quella di cancellare l’ufficio, adottata in un momento così delicato, che appare scandalosa. Neppure il Parlamento si è interrogato sul perché e nessun senatore o deputato ha presentato interpellanze sulla vicenda. Inutile anche la visita del cronista nella vecchia sede dell’ufficio di controllo delle funivie, che fino al dicembre scorso ospitava quattro ispettori e una decina di impiegati. L’invito di uno dei custodi, incaricato di sorvegliare lo stabile dell’Ustif, in via Cebrosa a Settimo Torinese, è perentorio: «Guardi, lei in quegli uffici non può entrare. Sono chiusi, non c’è nessuno». L’Ustif, che dipende dal ministero dei Trasporti, e proprio da Settimo partivano i pochi ispettori per effettuare le verifiche sugli impianti, è stato completamente “svuotato”, non solo del mobilio, ma anche di tutti i dipendenti che hanno scelto ruoli diversi all’interno della pubblica amministrazione. Dallo scorso gennaio, infatti, un decreto legge ha trasferito le competenze all’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali (Ansifisa, creata dopo il crollo del Morandi). Ovviamente la nuova Agenzia non avrebbe competenze, ispettori e know-how necessari per eseguire i controlli sugli impianti di risalita, «ma ci stiamo attrezzando, questa è una situazione di passaggio. Un concorso per assumere personale è già in fase avanzata», spiegano da Roma e precisano che per ciò che riguarda funivie e seggiovie, in questa fase di transizione, se ne starebbe occupando una non meglio precisata «task force ministeriale». Resta, almeno per ora, la desolazione di quegli uffici vuoti in via Cebrosa: erbacce un po’ ovunque, vetri in frantumi, sporcizia un po’ ovunque, «ma quegli uffici, nonostante siano molto grandi, hanno sempre ospitato poche persone», sottolineano alcuni dipendenti della vicina Motorizzazione. E dire che, con tutti gli impianti di risalita presenti in Piemonte, per l’esattezza 269 che oggi chiedono verifiche, di lavoro ce ne sarebbe stato per ben più dei tre o quattro ispettori della vecchia Ustif, oggi emigrati in acque più tranquille. Già, perché nell’inchiesta sulla strage del Mottarone potrebbero esserci nuovi indagati, o potrebbe essere stralciata la posizione di qualcuno. Secondo alcuni legali è ancora da chiarire proprio il ruolo dell’Ustif. Giusto un anno fa alcuni avvocati delle parti offese avevano chiesto di estendere anche all’Ustif l’incidente probatorio, richiesta rifiutata dalla Gip Elena Ceriotti, giudice andata poi in pensione e il prossimo 14 luglio nell’udienza con il nuovo Gip (Annalisa Palomba), potrebbero esserci novità anche riguardo il ruolo degli ex ispettori dell’Ustif. Infatti, l’attenzione di periti e inquirenti, si sta focalizzando su 12 dei 114 fili del cavo traente lacerato che si trovavano a una distanza che va dai 2 ai 20 centimetri dalla testa fusa, la fusione metallica che unisce la traente al braccio della cabina. I fili rotti erano racchiusi in un manicotto e immersi in uno spesso strato di grasso. «Per constatare il loro stato - hanno spiegato i periti - si sarebbero dovuti fare controlli mensili, stando alle prescrizioni del fabbricatore. Ma questo pare non venisse fatto da tre, quattro anni, almeno stando a testimonianze raccolte dagli inquirenti».
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