Sono passati 35 anni dal referendum antinucleare del 1987. Sembra ieri, ma è cambiato il mondo. Allora la politica con Claudio Martelli, il delfino di Bettino Craxi, spalleggiato dal Pci e dalla Dc terrorizzati dalla campagna demagogica che si scatenò dopo Chernobyl (e con la complicità dei petrolieri) spinse gli italiani a dire no al nucleare. Eravamo tra i Paesi più all’avanguardia, ma questo non impedì di smantellare i nostri quattro impianti e di dire addio a quella che avrebbe potuto essere l’autonomia (nazionale sull’approvvigionamento di energia. Altre nazioni fecero l’esatto contrario, la Francia in primis, e i risultati sono evidenti a tutti (almeno a quelli che hanno gli occhi per vedere): una ventina di centrali, esattamente dietro la nostra testa, pardon la catena delle Alpi che tuttavia non basterebbero a salvarci da un’eventuale catastrofe. E lo stesso discorso vale per gli impianti della Slovenia e della Romania. Una cronaca scarna, tanto per ricordare una scelta che ci ha condizionati al punto di cedere, pezzo dopo pezzo, tutte le nostre possibilità di produzione dell’energia, compresa l’estrazione del gas nell’Adriatico, che fa ricca la Croazia. Ma ora c’è la guerra e c’è l’esigenza di proteggere un ambiente sempre più malato e anche pericoloso. O almeno imprevedibile. Bene, ora che si teme - a ragione - che possano essere a breve razionate le forniture per non intaccare troppo le scorte, il nucleare torna al centro del dibattito e non solo in Parlamento. E allora perché non chiedere alla gente, e poi alla politica, quale sia la posizione sul nucleare di nuova generazione. Sì o No, con i dovuti distinguo, ma anche con il coraggio di prendere posizione. Noi lo abbiamo fatto con una paletta che consente pochi indugi. E la risposta è stata nettamente a favore del nucleare. Tre intervistati su quattro hanno detto Sì. E allora perché non aprire il dibattito sulle nostre pagine e sul web. Cominciando oggi. Perché non c’è più tempo per nascondersi dietro il dito della storia.
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