Corre come un treno.
Giorgia Meloni è la prima donna presidente del Consiglio della storia d’Italia. Resterà una fotografia epocale quella che la ritrae in completo pantalone blu, capelli biondi legati in una coda di cavallo e due orecchini luccicanti, in mezzo a una schiera di uomini. È circondata dalla sua corte, che resta – pur mal volentieri – un passo indietro. Dopotutto, è lei ad aver riportato la destra al governo con la forza del risultato elettorale di
Fratelli d’Italia.
I numeri parlano chiaro: non deve favori a nessuno e lo si vede dalla lista dei ministri che ha portato alle 16.30 di ieri al
presidente Sergio Mattarella, in cui compaiono ben cinque nomi di piemontesi. Un ulteriore segno dei tempi che cambiano e che fa ben sperare per il futuro della nostra regione, troppo spesso dimenticata nelle logiche romane. Che
Meloni corresse per arrivare a
Palazzo Chigi era evidente da giorni, ma nessuno si aspettava che in appena otto ore sarebbe stata presentata anche la lista ufficiale dei ministri.
Una giornata frenetica, fatta di pochi convenevoli e molta sostanza.
Meloni si è concessa giusto il vezzo di rifarsi il trucco e sciogliere i capelli prima di recarsi al
Colle per l’appuntamento più importante della sua carriera politica. Nelle fotografie che la ritraggono insieme al
Capo dello Stato si mostra sorridente e disinvolta, ma l’emozione - immaginiamo - è forte anche per lei. Solo un velo di commozione vela i suoi occhi, che non mollano mai l’obiettivo.
Sia nella conferenza stampa del mattino dopo l’incontro con
Mattarella, sia più tardi, quando ha letto la lista dei nuovi ministri, è rimasta concentrata. Nessun commento e nessuna promessa: solo nomi e incarichi. Giusto una piccola sbavatura, dovuta a un errore degli uffici, che l’ha portata a invertire l’assegnazione di due dicasteri, elencati su quei fogli che stringeva con forza tra le mani. D’altra parte il suo piglio è parso evidente fin dalle prime apparizioni pubbliche del mattino.
«Voglio partire con il nuovo governo nel minor tempo possibile» aveva spiegato ai cronisti e tutto, nel suo linguaggio del corpo nervino, sembrava voler dire: «Siamo pronti». Anche se in quel momento gli occhi di molti erano puntati sul
leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, che le stava a fianco. Le probabilità che l’
ex Cav potesse, con un gesto, rubarle la scena erano alte. E invece anche
Berlusconi è rimasto al suo posto, limitandosi a scandire con piccoli cenni del capo e delle mani i passaggi chiave dell’intervento della futura presidente.
Non è però passata inosservata un’occhiata d’intesa lanciata nella direzione di
Matteo Salvini, quando
Meloni ha parlato di decisione «unanime» intorno al suo nome. Oggi il nuovo governo è pronto a giurare e
Meloni per molti è già un’icona. Dal taglio di capelli che le signore di
Roma, e non solo, chiedono dal parrucchiere, alle similitudini sfuggite dalla penna dei giornalisti che la accomunano alle moderne icone del femminismo. Anche il mondo degli imprenditori le riserva una certa curiosità benevola.
Nessun consiglio da parte del
premier uscente Mario Draghi, ieri a Bruxelles, che pure si è mostrato fin da subito aperto e collaborativo nei suoi confronti.
Meloni, dal canto suo, ha dato esattamente l’immagine che voleva dare: quella di una maggioranza unita. Non era scontato. E non è detto che gli equilibri interni al centrodestra rimangano stabili nel prossimo futuro. Intanto il treno diretto a
Palazzo Chigi corre veloce. Entro dieci giorni dal giuramento,
Meloni dovrà chiedere la fiducia al nuovo
Parlamento. In programma per domani la cerimonia della campanella e, subito dopo, la prima seduta del nuovo
Consiglio dei ministri. In una corsa contro il tempo, figlia dei tempi di emergenza in cui viviamo.
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