Il reddito di cittadinanza ha i giorni contanti. Almeno nella versione grillina che Giorgia Meloni, in campagna elettorale, additò come il male assoluto, assicurando che l’avrebbe cancellato in tempi brevissimi. Promessa mantenuta, si apprende ora che circolano le bozze di un provvedimento che dovrebbe entrare in vigore a fine estate imprimendo una svolta nella materia. Ma solo in parte. Perché il nome della misura made in Cinquestelle che da tanti è stata additata come un invito all’ozio, all’inizio di settembre, scomparirà sì dal lessico delle forme di assistenza. Ma per lasciare il posto alla Mia (Misura di Inclusione attiva), che sarà un acronimo sicuramente più felice di rdc, ma resta pur sempre un sussidio concesso (anche) a chi un lavoro non ce l’ha ma potrebbe trovarlo. E ci saranno sì delle misure che faranno parlare di una stretta, ma anche altre che allargheranno la platea, ad esempio a un numero imprecisato, ma si prevede assai importante, di stranieri. Tra un paio di settimane, quando la ministra del Lavoro, Elvira Calderone, porterà in consiglio dei ministri il decreto legge a cui sta lavorando da tempo, i contorni saranno più definiti. Ma pare ormai deciso che a luglio il vecchio Reddito andrà in pensione, lasciando il posto alla nuova misura che potrà essere richiesta da agosto e diventerà effettiva a settembre. I potenziali beneficiari verranno divisi in due platee: da una parte le famiglie povere senza persone “o ccupabili” (ossia quelle in cui ci sia almeno un minorenne, un over 60 o un disabile), dall’altra quelle che almeno un “occu - pabile” ce l’hanno e sarebbero circa 400mila. L’importo base della Mia per un single non occupabile dovrebbe essere lo stesso del Reddito di cittadinanza: 500 euro al mese. Per chi deve pagare un affitto potrebbe esserci una quota in più, ma su questo la discussione è ancora aperta. Per gli occupabili invece la quota base dovrebbe scendere da 500 a 375 euro. E questi ultimi non potranno rifiutare un’offerta di lavoro «congrua», altrimenti perderanno il sussidio. Per i nuclei con persone occupabili la misura avrà una durata massima di 12 mesi, la prima volta che viene chiesta. Nel caso della seconda domanda, la durata si dimezza a sei mesi e una eventuale terza domanda di sussidio si potrà presentare solo dopo una pausa di un anno e mezzo. Il tetto Isee per aver diritto alla nuova Misura di inclusione attiva, per entrambe le plaetee, dovrebbe scendere dagli attuali 9.360 euro a 7.200 euro. Una stretta che rischia di escludere un terzo dei potenziali beneficiari. Con questa nuova misura però si cercherà di garantire più risorse alle famiglie più numerose, correggendo la cosiddetta scala di equivalenza, ovvero quella che fa aumentare l’importo del sussidio in base al numero dei componenti la famiglia. Per quel che riguarda il requisito della residenza in Italia, dovrebbe scendere da 10 a 5 anni per evitare nuovi richiami da parte di Bruxelles. La Commissione europea a febbraio ha avviato una procedura d'infrazione contro l’Italia proprio su questo. Secondo l’esecutivo Ue il requisito dei 10 anni di residenza attualmente previsto per il Reddito di Cittadinanza si qualifica «come discriminazione indiretta, poiché è più probabile che i cittadini non italiani non soddisfino questo criterio». Un brutto scherzo per l’esecutivo del “prima gli italiani”. Che arriva proprio nel momento in cui - su certi temi come l’immigrazione - non conviene alzare troppo i toni.
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