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SANGUE IN AMBULANZA

Se la sanità ha paura

I volontari del 118 chiedono lo spray al peperoncino per difendersi

Medici e infermieri in corteo contro la violenza: «Non passa giorno senza aggressioni»

La fiaccolata partita dalla sede dell'Ordine dei medici di Torino

Si sentono un bersaglio i lavoratori della sanità, siano essi i medici del pronto soccorso, gli psichiatri come quelli che hanno sfilato l’altra sera con le fiaccole, oppure i volontari sulle ambulanze. Un bersaglio facile, peraltro. Il caso della psichiatra Barbara Capovani uccisa da un paziente in Toscana ha puntato i riflettori in maniera tragica e prepotente. Ma non è meno drammatico lo stillicidio continuo di piccoli e grandi episodi, come quello toccato ai volontari della Croce argento di Ciriè che, in servizio a Torino per il 118, sono stati il bersaglio di un uomo che stavano soccorrendo.

Calci, pugni, sangue sputato in faccia, con le conseguenze immaginabili in termini di timore per la propria salute; poi lo stato di shock che va oltre le ferite fisiche, perché quello che rimane è la sensazione di impotenza, il terrore di scoprirsi indifesi, esposti ogni volta che si risponde a una chiamata. Situazione tanto più grave nel momento in cui si pensa che parliamo di volontari, che come al solito vengono utilizzati per coprire la mancanza di personale. «Vogliamo poterci difendere» dicono le persone che ogni giorno devono affrontare questa paura.

Chiedono, e va da sé, lo spray urticante da autodifesa, oppure la scorta delle forze dell’ordine, o quanto meno la certezza che arrivino prima di loro. Così come negli ospedali, dopo la pandemia, si è tornati a chiedere la presenza di un presidio di polizia almeno nelle ore notturne e già in molti pronto soccorso c’è un vigilante privato. Non esistono ricette, non c’è un rimedio miracoloso sul fronte sicurezza - a dispetto di quanto pensano a volte certi ministri - ma l’emergenza va affrontata. E non solo a parole.

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