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25 Aprile 2024 - 06:30
Il 25 Aprile e le sue ombre, una festa che non unisce
Il 25 aprile, giorno designato per commemorare la data dell’insurrezione di Milano, dagli anni Sessanta del secolo scorso, fu celebrato come festa della Liberazione. Questo giorno è carico di un’eredità pesante e controversa. Celebrato come simbolo della Resistenza, tuttavia, non è riuscito a unire il tessuto nazionale, evidenziando piuttosto le divisioni persistenti e profonde tra diverse interpretazioni storiche e politiche. Il 25 aprile è storicamente presentato come il culmine della resistenza contro il fascismo. Cionondimeno, questa narrazione semplifica la complessità degli eventi storici, trascurando il fatto che il contesto era di una guerra civile intensa, con profonde divisioni interne che hanno segnato profondamente il tessuto sociale italiano.
GIAMPAOLO PANSA AUTORE DE IL SANGUE DEI VINTI
Contrariamente a ciò che si potrebbe sperare per una festività nazionale, il 25 aprile si è purtroppo trasformato in una piattaforma per rivendicazioni politiche specifiche, dominata da simboli e narrazioni che rispecchiano principalmente l’eredità ideologica di una parte della Resistenza, quella comunista, che non combatteva per ripristinare la democrazia in Italia, ma per portarla sotto l’influenza dell’Unione Sovietica, allora governata da Stalin, e instaurare un’altra dittatura. Tanto è vero che i partigiani comunisti parlarono di tradimento della Resistenza essendo stati stoppati nel loro disegno dagli accordi di Yalta che delimitarono le sfere di influenza mettendo la penisola nella sfera occidentale. Questa concezione esclusivista, culminata anche quest’anno con le intimidazioni ai reduci della Brigata Ebraica per non farli partecipare alle manifestazioni, aliena non solo coloro che potrebbero avere una visione storica diversa, ma anche coloro che vedono in questa commemorazione un’occasione mancata di vero dialogo e riconciliazione nazionale.
Il detto che “la storia è scritta dai vincitori” trova una chiara dimostrazione nella narrazione mainstream del 25 aprile. Non rende onore al nemico, ma nega memoria e dignità a tutti coloro che hanno dato la vita per la patria pur sapendo che si trattava di una guerra persa. Si vuole negare a milioni di italiani di ricordare che i loro nonni hanno combattuto con onore anche se hanno perso. Questa data è celebrata attraverso un prisma che glorifica unilateralmente i partigiani, senza un adeguato riconoscimento delle sofferenze e delle motivazioni di tutti gli italiani coinvolti. Tale approccio non solo distorce la realtà storica, ma impedisce anche una vera riconciliazione nazionale, poiché non riconosce la dignità degli sconfitti né esplora le sfumature delle loro scelte e sacrifici. Un tentativo, da parte della sinistra, di riconoscere anche le motivazioni dei vinti, dei “ragazzi e ragazze di Salò” fu fatto dall’allora Presidente della Camera Luciano Violante. Ma purtroppo, in seguito, la strumentalizzazione politica della festa ebbe nuovamente il sopravvento.
La sfida oggi è reinterpretare il 25 aprile in un modo che possa essere significativo per tutti gli italiani. Ciò richiede un’analisi critica e inclusiva degli eventi storici, riconoscendo che la Resistenza, pur essendo un movimento di liberazione, ha avuto anche i suoi lati oscuri, le sue contraddizioni e tragedie. Distinguere i partigiani combattenti dai terroristi sanguinari e quelli finti e postumi, ma onorare quelli veri insieme a chiunque abbia combattuto lealmente animato dall’amore di patria. Insegnare una versione della storia che omaggi tutti coloro che hanno sofferto e combattuto durante quegli anni significa aprirsi a una memoria collettiva più equilibrata e meno polarizzata.
Proporre un nuovo modo di commemorare il 25 aprile implica la creazione di spazi di dialogo e riflessione che includano tutte le voci, anche quelle scomode. Dovremmo considerare iniziative che riconoscano i sacrifici di tutti gli italiani, indipendentemente dalla loro posizione politica, e che esplorino il complesso impatto della guerra sulle varie fasce della società italiana. Una celebrazione inclusiva dovrebbe anche affrontare e condannare gli atti di brutalità compiuti da tutte le parti, promuovendo una visione storica più obiettiva e meno ideologica. Un’effettiva riconciliazione richiederà un cambio radicale nel modo in cui il 25 aprile viene oggi percepito e celebrato. Questo processo potrebbe non solo curare le ferite storiche, ma anche servire come fondamento per un’identità nazionale più coesa, come il 4 luglio per gli Stati Uniti o il 14 luglio per la Francia. Potrebbe trasformare questa data da simbolo di divisione a testimonianza di un’Italia matura, capace di affrontare il suo passato e meglio il suo futuro.
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