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Il Borghese

Il Risiko del Porto di Genova: ecco cosa succede ora

Iren sospende l'amministratore delegato arrestato e distribuisce le deleghe al presidente e al vice

Iren, investimenti e utili non si fermano

In Borsa la presunzione di innocenza, a differenza dei tribunali, non esiste. Quindi, nel momento stesso in cui esce la notizia dell’arresto dell’amministratore delegato, il titolo di Iren a Piazza Affari ha una reazione immediata, una picchiata che lo porta da 1,89 euro ad azione a 1,71, una discesa del 4,35%, anche se poi nel pomeriggio è cominciata la risalita.

È il mercato bellezza: in alcuni casi stakholders, analisti e semplici risparmiatori reagiscono d’immediato. E anche gli speculatori, come quei fondi soprattutto esteri che, a fronte di notizie giudiziarie, hanno come policy societaria la vendita immediata. L’azienda che si trova in questa situazione, allora, deve reagire in fretta, per i doveri verso i soci e verso la Consob (l’organo di controllo delle società quotate in Borsa), che non ammette opacità (poi, i perfidi potrebbero obiettare che ci sono altre società, o addirittura gruppi, dove i presidenti sono indagati per truffa allo Stato). Così in Iren, il colosso la cui storia origina fin dalla vecchia Aem, azienda energetica municipale di Torino, fatturato annuo oltre i 7 miliardi, il consiglio di amministrazione si è riunito in seduta straordinaria, tra l’altro con la sorpresa di aver dovuto apprendere dai giornali dei guai dell’amministratore delegato in quanto, trattandosi di vicende legate al vecchio ruolo, la Procura non era tenuta certo a darne comunicazione. Dunque, «con l’obiettivo di assicurare stabilità e continuità alla gestione aziendale», il cda ha deliberato di revocare temporaneamente le deleghe all’ad riassegnandole al presidente Dal Fabbro e al vicepresidente Moris Ferretti. «Questo assetto garantisce la piena continuità delle attività aziendali per il conseguimento degli obiettivi contenuti nel Piano Industriale» conclude la nota di Iren.

Poi, con il prosieguo dell’inchiesta, si saprà come verrà ridisegnata la governance della società, nel caso in cui l’ad Signorini decidesse di lasciare. O a decidere potranno essere i soci, tra cui il Comune di Torino che ha circa il 13% delle quote tramite la Fcth, ossia Finanziaria Città di Torino Holding. Altri soci sono la città di Genova, quella di Reggio Emilia, di Parma, poi la Compagnia di San Paolo e vari altri.

E grandi manovre sono in atto anche in Liguria, visto che sul Porto di Genova - una realtà che tra 2019 e 2021 ha visto attuare investimenti per 2,142 miliardi di euro -, dove si concentrano attività e interessi di molte realtà anche piemontesi, da tempo, è in atto un vero e proprio Risiko, con l’armatore Aponte - che ha di recente acquisito Il Secolo XIX dal Gruppo Gedi degli Elkann - contrapposto a Spinelli, con cui dapprima aveva raggiunto accordi di mutua convenienza, poi il vulcanico ex patron del Genoa aveva investito nella compagnia rivale di quella di Aponte. In mezzo, i rapporti con il governatore Toti (e il sostegno alle campagne elettorali), e una mappa politica ora completamente da ridisegnare (occhio al Comune di Genova, a guida centrodestra, azionista sia del Porto sia di Iren, dove aveva indicato Signorini come amministratore delegato senza obiezioni di sorta della piddina Torino), tanto che rumors dei palazzi della politica indicano un fantasmagorico ritorno all’attività del “vecchio” Claudio Scajola.

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