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IL BORGHESE
26 Giugno 2024 - 06:30
I “congiurati”della Crt ora fanno ammenda lasciano le cariche in Ogr, Ream ed Equiter
Che cosa accade nelle segrete stanza della Fondazione Crt, è difficile saperlo. Certo che la giornata in via XX Settembre è cominciata in un clima di lunghi coltelli. Con un Cda convocato per disc utere della possibile sospensione di un consigliere (Antonello Monti) e poi, con una virata degna di un grande marinaio, si è scelta la strada del buonsenso che per altro qualcuno indicava da giorni. Ossia l’inchino al Ministero del Tesoro mettendo sul tavolo una parziale rinuncia agli incarichi esterni da parte dei quattro consiglieri (Caterina Bima, Davide Canavesio, Anna Di Mascio e Antonello Monti) che, nella drammatica seduta del 19 aprile in cui Fabrizio Palenzona perse la presidenza dell’ente, si erano auto assegnati le poltrone ai vertici di Ogr, Equiter e Ream.
Un passo indietro ancora parziale che suona come un segnale alla Presidente Anna Maria Poggi, nell’ambito di una strategia tesa a stemperare le tensioni con gli ispettori di Giorgetti, supportando la nuova presidenza.
Basterà a rendere meno intricato il ginepraio che ha avvolto le stanze della Fondazione ? Questo non è dato di saperlo. Certo è che a questo punto non va trascurato il grave danno di immagine per la città. anche al di là delle decisione che il Ministro del Tesoro Giancarlo Giorgetti, assumerà a proposito del possibile commissariamento dell’ente, dopo l’ispezione dei funzionari inviati in via XX Settembre.
Parliamo della terza Fondazione bancaria italiana e dell’importanza che ricopre negli equilibri economici e finanziari del Paese. Con lei - come soci - ci sono dei giganti: le Generali, prima Compagnia assicurativa italiana (2%), il colosso bancario Unicredit (2,15%), Mundys spa , leader nelle piattaforme infrastrutturali (autostrade ed aeroporti) (5,2%), F2iSgr, il maggiore gestore indipendente italiano di fondi infrastrutturali, con asset miliardari (3,4%) e Cdp, il braccio governativo sugli investimenti strategici (1,5%). E’ anche per questo che si fa fatica a immaginare che la Fondazione possa essere governata in un clima di sospetto su logiche spartitorie o affaristiche. Peggio ancora, nell’ombra di inchieste della magistratura. Sospetti che vanno nella direzione inversa rispetto all’etica dei comportamenti della cabina di comando di un Ente che, dal 1991, anno della sua costituzione, ad oggi ha distribuito oltre due miliardi di euro sul territorio. E che, solo nel 2023 ha erogato 71 milioni di euro, di cui 66,9 milioni a favore dell’attività istituzionale, a cui vanno aggiunti 4,3 milioni destinati al Fondo per il volontariato e duecento milioni al Fondo Acri. Un’attività che ha sostenuto 1.300 progetti in ambiti diversi distribuiti capillarmente sul territorio.
Ma questo è il passato. La giornata di ieri comincia con Antonello Monti che lascia la presidenza di Ream, Caterina Bima la carica di vicepresidente della stessa società, Davide Canavesio che si dimette da vicepresidente in Equiter e Anna Maria Poggi da sindaco alle Ogr. Un passo non definitivo, visto che restano incarichi ai consiglieri “pentititi”, che -va detto - si intrecciano a indiscrezioni sulle indagini in corso da parte del procuratore aggiunto Gianoglio e dai sostituti Del Grosso e Bergamasco. Ore concitate. Soprattutto per il pressing su Antonello Monti, unico esponente del cda indagato insieme a sei consiglieri di indirizzo (due dimissionari) e a Corrado Bonadeo (anche lui dimissionario) considerato l’ideato del ormai famoso patto occulto da cui è cominciato il terremoto che ha scosso da mesi la Fondazione. Ma Monti è riuscito ad evitare la sospensione e persino le dimissioni volontarie, nonostante il vicepresidente Vicario Maurizio Irrera avesse sollecitato l’opportunità di una sua rinuncia a tutte le cariche . A salvarlo l’opposizione degli altri consiglieri e, alla fine anche il silenzio della presidente Poggi. Il resto si vedrà, ma certo il cammino della Fondazione resta irto di ostacoli. Anche se alla fine, congiurati, e attendisti, indagati e non restano lì, al loro posto. Come dire che a Torino, alla fine, non cambia mai nulla.
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