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il borghese

“Far dimettere i consiglieri della Crt”
L’ultima spiaggia per evitare il peggio

In 12 pagine di contestazioni anche un suggerimento: dimissioni “spontanee” del cda

“Far dimettere i consiglieri della Crt”L’ultima spiaggia per evitare il peggio

Anna Maria Poggi, presidente della Fondazione Crt

Forse una maniera c’è per evitare che la Fondazione Crt finisca commissariata come capitò (prima e unica volta in Italia) al Banco di Napoli: azzerare il consiglio di amministrazione, l’organo su cui si sta concentrando l’attenzione non solo del ministero dell’Economia, ma anche della Procura della Repubblica di Torino che ha già indagato dieci persone, oltre al presidente dimissionario Fabrizio Palenzona. E forse questa è l’unica carta, o almeno quella decisiva, che resta alla presidente Anna Maria Poggi in questo agosto in cui si decideranno in una maniera o nell’altra le sorti di questa importante istituzione torinese. E chi la conosce bene afferma che la  giurista intenda davvero mettere tutti di fronte alle proprie responsabilità.

A cominciare proprio dal cda che, rifacendo anche solo brevemente la storia di questo terremoto politico e giudiziario, ha vissuto “il patto occulto”, tramato per indurre Palenzona alle dimissioni e, nel volgere di qualche ora in una notte tragica di aprile ha proceduto alle contestate nomine nelle fondazioni, a cominciare dalla potente Ogr, alla Ream e via discorrendo, tanto che c’è il faro puntato dell’Autorità di vigilanza sull’ex finanziere Davide Canavesio e il notaio Caterina Bima, che figura indagata dalla magistratura insieme ad un altro consigliere, Antonello Monti. La presidente riuscirà nell’impresa? Qualcuno dice che la regola interna al cda sarebbe quella del £tutti o nessuno” e questo forse è lo scoglio più arduo da superare. D’altra parte rileggendo le pagine che il direttore generale del ministero dell’Economia Marcello Sala ha inviato ha fatto recapitare a Torino, proprio la Poggi dovrà dimostrare di aver adottato i necessari correttivi richiesti al fine di “dimostrare il pieno ed effettivo superamento delle criticità riscontrate”.

A cominciare dalla testa del drago, ossia degli amministratori della Fondazione che evidentemente sarebbero incompatibili rispetto al nuovo corso di trasparenza imposto da Roma con l’intento di evitare il cosiddetto “conflitto di interessi”, o come dice una voce raccolta nei corridoi della Procura, il desiderio di un illecito arricchimento traendo forza dalla posizione acquisita nell’ente, assediando e conquistando ruoli (generosamente pagati) in società partecipate e in consulenze d’oro. Per capire meglio, dopo tanti se e tanti forse scritti in questi mesi nelle cronache dal palazzo sotto inchiesta, dobbiamo affidarci a quanto è emerso dall’ispezione dei funzionari del ministero. Ossia a un quadro di governo dell’ente all’epoca _per ora - del presidente Palenzona “caratterizzato da violazionistatutarie, nonchè da un’evidente carenza regolamentare, in termini di genericità e non esaustività delle disposizioni contenute nel Regolamento e nelle Procedure esistenti, inuncontesto amministrativo per altro sprovvistodi adeguati presidi di controllo interno atti a garantire il rispettodelle disposizioni vigenti”. Un bocciatura, se la Crt avesse dovuto superare l’esame trasparenza, visto che da Roma si contestano cooptazioniirregolari nel consiglio di indirizzo dell’ente, doppi incarichi ricoperti da alcuni membri in palese inadempienza sulle norme del conflitto di inte resse, e poi le nomine nelle partecipate avvenute - dicono i funzionari “senza un’attenta valutazione e il preventivo accertamento dei requisiti di professionalità e in assenza di eventuali incompatibilità”. Peggio, se possibile, l’ultimo capitolo dell’accusa: gli investimenti di Crt deliberati se non in modo poco trasparente, di certo senza l’adeguato coinvolgimento dei vari organi interni, e spesso decisi d’imperio dal solo presidente. Operazioni congelate a cominciare da un investimento di circa 20 milioni di euro con l’entrata di Crt nell’azionariato di Enosis, il centro di ricerca ospitato da cascina Meraviglia a Fubine nel Monferrato, per arrivare ad un’altra partecipazione bloccata: quella nel capitale della Banca del Fucino. Palenzona aveva deciso di acquisire lo 0,7% dell’azionariato con un investimento di 2 milioni. Operazioni approvate da tutto il cda ma assai criticate all’esterno, soprattutto per il valore economico degli investimenti. E’ in questo contesto, assai scivoloso che si muove la presdente Poggi alla luce di due centrali di controllo: quella del ministero dell’Economia e quello della Procura.

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