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IL BORGHESE

Le case popolari
in mano ai mafiosi

Leggi il commento del direttore Beppe Fossati

Le case popolari in mano ai mafiosi

Le case popolari in mano ai mafiosi

Torino sembra un fortino assediato dai delinquenti, spaccio nelle strade con un esercito di venditori di morte mai verificato prima, risse in quella che chiamiamo movida ma che diventa suburra quando scocca la mezzanotte e l’alcol e le sostanze sono all’apice, zingari fuori controllo dopo gli sgomberi diLungo Stura e dell’Arrivore, case popolari ostaggio delle bande che occupano abusivamente gli alloggi, sfondando le porte come fanno i ladri. Potremmo aggiungere altro, dagli scippi alle rapine, ai raid per distruggere le automobili in sosta, ai tombini scagliati contro le vetrine per arraffare le merci esposte. L’insicurezza che qualche politico di estrema sinistra si ostina ancora a definire “solo percepita”, è un’emergenza alla quale non si può più voltare le spalle per quieto vivere. Perché dietro a spaccio, violenze e persino all’occupazione delle case, c’è la malavita. O meglio i mafiosi che militano nelle diverse famiglie criminali: cosa nostra e n‘drangheta soprattutto. Lo prova l’assalto della notte scorsa alla sede piemontese dell’Atc, con un furgone lanciato a tutta velocità contro il cancello che ha finito la corsa contro la pensilina dell’ingresso e le scale. Un’azione preordinata e portata a termine non certo da due semplici teppisti. Un avvertimento ai vertici dell’Istituto? Il presidente Emilio Bolla e l’assessore alla Casa della Regione Piemonte Maurizio Marrone non sembrano avere dubbi. Dietro all’assalto c’è una mano criminale che non ha gradito gli sgomberi di questi mesi e non esita ad usare l’arma dell’intimidazione. Un’accelerazione violenta in questa che da decenni è un’emergenza sociale, visto che ci sono quasi 7 mila famiglie in lista per una casa. Serve il pugno duro. In strada come degli edifici popolari prima che si debba registrare un fenomeno che ha già sconvolto la convivenza civile di altre città, a cominciare da Napoli. E forse serve davvero l’esercito a presidiare il nostro fortino.

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