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Il Borghese

Quelle (troppe) bare bianche

Perché anche per vittime adulte si sceglie questo colore? Il caso di Jacopo, morto nell'esplosione di via Nizza

Quelle (troppe) bare bianche

È una bara bianca quella che accoglie il corpo di Jacopo Ferretti, morto nella folle esplosione del palazzo di via Nizza. Una bara bianca, come quella dei bambini - o, almeno fino a qualche tempo fa, era così - e, più di recente di vittime di femminicidio. Una scelta che nasconde un significato, sul quale possiamo fermarci a riflettere.

Jacopo Ferretti di anni ne aveva 33. E la sua bara è bianca come quella di Andrea, il baby calciatore morto a 12 anni; quella di Laura, la bambina morta nel terribile incidente con le Frecce Tricolori, due anni fa. Ma anche come quella di Meri Mesi, assassinata a 41 anni dal suo ex. O quella di Nadia Toffa, la presentatrice stroncata da una grave malattia, uno dei primi casi in cui, mediaticamente parlando, colpisse la presenza di una bara bianca.

Il fatto è che, in Italia, per lungo tempo quel colore per l’ultimo saluto era riservato a bambini e giovanissimi: la prassi era fino ai 18 anni. Poi, nel tempo, con la modifica stessa di un modo di sentire nella società, il bianco è divenuto non il colore della tristezza estrema - la morte di un bambino - ma dell’innocenza. Bare bianche per vittime innocenti, questo è forse il significato. Vittime dell’odio, della follia o dell’alienazione - nel caso di via Nizza, l’assurdità del movente dell’assassino sarà definito malattia psichica o meno dagli inquirenti -, della sorte, persino della speculazione per le vittime sul lavoro.

Ma c’è anche un altro significato, mi dicono, che potrebbe farci riflettere: la purezza, l’innocenza è perché tutte queste vittime erano principalmente figli. Siamo tutti figli. E nel momento di una morte violenta, ingiusta, ogni vita adulta si ricorda per com’era iniziata: da figli. Ma il loro aumento, la frequenza ormai di queste bare bianche, è invece un segnale d’allarme...

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