Le Cinque Terre sono esattamente come le disegnerebbe un bambino: le case colorate, le barche tirate su dal mare con l’argano e poi spinte davanti all’uscio come uno scooter o l’auto, i gozzi dei pescatori, le scogliere a picco sul mare, l’eco lontana delle poesie di Montale, uomini acrobati tra cielo e stelle per vendemmiare, per coltivare la vite, per strappare alla montagna e al mare quel che serve per vivere. E poi quel turismo, in particolare di stranieri, che va arginato, disciplinato (almeno in epoca pre Covid). In questo luogo ancora sospeso tra il fascino antico e il senso moderno di una Costa Smeralda più ruvida, DarioVergassola, stralunato e stralunante comico dai tempi di Zelig, scorrettissimo (forse oggi) e perdonabile profeta dell’intervista shock conclusa sempre con un «me la darebbe?», nativo di La Spezia, porta il fascino della fiaba, della leggenda, della fantasia dei bimbi, che si sa possono essere più crudeli degli adulti. Riomaggiore, Manarola, Corniglia, Vernazza, Monterosso: eccole le cinque tappe, rigorosamente partendo da La Spezia andando verso Genova, verso un’altra Liguria, verso un’altra Italia. Per ognuna di queste una storia. “Storie vere di un mondo immaginario” (Baldini+Castoldi, 17 euro), cinque favole splendidamente arricchite dalle illustrazioni di Mattia Simeoni. Così a Monterosso, dominata dalla statua di Nettuno orba della sua conchiglia, scopriamo cosa pensano realmente le acciughe esposte sui banconi dei bar (pur essendo in Liguria sono gratis: piene di sale, mettono una sete bestiale e sei costretto a ordinare ancora da bere, antica furbizia di osti), a Vernazza si consuma la storia d’amore più intensa di tutta la Liguria e forse anche di buona parte dell’umanità, tra un totano e un limone (qui non c’è bisogno di spoilerare per immaginare come sia gustoso questo amore, per tutti noi), a Corniglia, la più lontana dal mare, Amelietta la muta sirenetta ci fa arrampicare con lei verso un sogno e ci fa sperare, ora che scopriamo il segreto delle polene delle navi e anche delle turiste in topless che giocano in acqua senza poter essere mai raggiunte, nella libertà di queste fanciulle, principesse dei mari. A Manarola un pescatore si muta in polpo, regalo di una triglia magica, per amore di una umana, mentre in quel di Riomaggiore c’è un girino bianco che ha l’abitudine di fare tutto al contrario, e quando diventa ranocchio e trova la principessa è una sorpresa... Ma le fiabe sono dolci e struggenti tanto quanto sono nere e paurose, quanto ti sorprendono e ti spaventano. Scrive, di questo libro, il regista Luc Jacquet, premio Oscar per “La marcia dei pinguini”: «I racconti di Dario mi hanno ispirato, hanno la profondità e l’inventiva di Pinocchio. Le sue chimere di uominipolpo e di sirene sanno risvegliare il bambino che è in noi. Leggerli è stata una consolazione, un richiamo alla nostra natura più essenziale: la poesia e la meraviglia». La meraviglia anche di scoprire che i pesci possono parlare, se solo avessimo voglia di ascoltare, per lo stesso motivo per cui non sappiamo ascoltare la natura e neppure il bambino che è in noi. Forse, soltanto quando il sole tramonta, possiamo porgere l’orecchio al mare e distinguere le risate delle sirene. E capire che anche la Luna è creata dal mare e che quella che vediamo in cielo è solo il suo riflesso. Noi che guardiamo alle stelle dobbiamo ricordare che veniamo dal mare.
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