l'editoriale
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30 Dicembre 2021 - 08:10
Quasi un anno fa, quando questo libro usciva in Israele, Abraham Yehoshua spiegava ai giornali che sarebbe stato «il mio commiato da scrittore», il libro dell’addio: 85 anni, la sofferenza per la recidiva di un tumore, quella per la scomparsa della moglie da cui era scaturita quell’intensa scrittura che è “Il tunnel”, di tutto questo lo scrittore israeliano parlava come di un congedo dal pubblico. Al quale regalare una storia molto «italiana» e non solo per l’ambientazione: lo spunto che fa da motore a “La figlia unica” (Einaudi, 18 euro, traduzione di Alessandra Shomroni) è Cuore di Edmondo De Amicis. Dice Yehoshua che «quando ero bambino mio padre ci leggeva pagine del libro e io singhiozzavo. Poi pensavo che da grande avrei voluto essere anch’io uno scrittore, e magari far piangere il prossimo». O ridere, o commuovere, o far riflettere, magari rivolgendosi ai giovani come Rachele, la “figlia unica” del romanzo.
Siamo alla viglia delle vacanze di Natale e in sala professori si mangia il panettone e si prepara la recita scolastica. Rachele è stata scelta dalla sua professoressa, affascinata dal suo viso e dai suoi riccioli, per fare la parte di Maria. La ragazza è felice, anche se è di famiglia ebraica per quanto poco osservante: la madre è una cattolica convertita per il matrimonio, mentre suo padre, l’avvocato Luzzatto, non rispetta alla lettera le tradizioni, mangia maiale, non va in sinagoga. Ma di fronte a quella recita, diventa improvvisamente rigido e dice no, un no secco come uno schiaffo.
Dopo questo rifiuto, incomprensibile, c’è la parte delle vacanze di Natale, tra la montagna e il mare della Liguria, con tutta la famiglia, in particolare i nonni di Rachele: quello paterno è anche lui avvocato e ebreo (però durante la guerra si è salvato dalla deportazione spacciandosi per prete), l’altro è cattolico e di famiglia più modesta, sposato a una nonna che è invece un atea convinta. A loro si aggiungono altri personaggi e in particolare Paolo, un autista con una vecchia Land Rover, che insinua in Rachele qualche dubbio in lei italiana sulla sua fantasia di andare un giorno a vivere in Israele e sul fatto che bisogna avere curiosità su chi ti sta vicino, sugli altri, per capire qualcosa e non restare chiusi nel proprio bozzolo.
Una famiglia complessa, come complessa è la vita. E Rachele inizia ad attraversarla, questa vita, muovendosi con la bussola di una supplente che, a scuola, le ha fatto conoscere “Cuore”, appunto, di cui decanta «lo spirito candido e umanitario», libro che poi le è arrivato come regalo per Natale - sì, la famiglia è ebrea ma fa regali alla ragazzina per il Natale, la vita è complessa, si era capito, no?. I passi di Cuore si alternano alle vicende del romanzo, con una attenzione particolare su “L’infermiere di Tata” con il giovanissimo Ciccillo e sul Piccolo scrivano fiorentino, ragazzi che cercano con amore di aiutare e salvare il proprio padre in difficoltà o malato. E anche il padre di Rachele si scoprirà che è malato e lei racconta che gli è cresciuta «un’appendice del cervello, un suo ampliamento, che aiuterà suo padre a meglio capire la realtà in continua evoluzione». Perché questo testo complesso come ciò che racconta, riesce a farlo con una leggerezza e una chiarezza realistica che è però un po’ fiabesca e un po’ da cartone animato. Ma con il brio della giovinezza e dell’irresistibile voglia di conoscere e comprendere il mondo, e anche po’ spiazzarne gli adulti, che ha Rachele, sospesa tra due identità e due visioni, ma non dimezzata né frammentata.
LA FIGLIA UNICA Autore: Abraham Yehoshua Editore: Einaudi Genere: Romanzo Prezzo: 18 euroI più letti
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