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26 Maggio 2022 - 08:22
«Non restava che scegliersi una guerra. Ma per questo chiaramente non ci voleva molto. La nostra patria invitta ne ha a bizzeffe, basta aprire il giornale che i regni amici sono già lì a baionettare bambini e stuprare vecchie. Chissà perché fa tanta tristezza l’assassinio dell’innocente zarevic in tenuta da marinaretto. Donne, vecchi e bambini non fanno più notizia, invece quel vestitino alla marinara… Al centro di leva ci ammonivano: a ciascuno la sua Waterloo! E in effetti…». Sono parole di Mihail Shishkin, scrittore russo dissidente che da tempo vive in “esilio” in Svizzera e che, con “Punto di fuga” (21lettere, 19,50 euro, traduzione di Emanuela Bonacorsi), si è aggiudicato il Premio Strega Europeo, ex aequo con Amelie Nothomb.
Un romanzo epistolare, tra amore e nostalgia e dolore di guerra, così attuale anche se questa che viene narrata è un’altra guerra. Dalla quale forse è discesa quella cui oggi assistiamo.
«Il regime putiniano annettendo la Crimea diede inizio a questa guerra» ha detto lo scrittore al Circolo dei lettori, giorni fa. Aggiungendo che «in un mio articolo allora spiegavo che Putin era privo di cuore e anima, era solo un buco nero che stava inghiottendo Russia e ucraina. Ma chi è che ascolta uno scrittore? E ora tutto il mondo è avvolto in questo buco nero difronte al terrore del pulsante rosso. Solo ora l’Europa e noi tutti insieme siamo solidali rispetto al pericolo di questo buco nero. Non è una guerra tra ucraini e russi ma tra uomini e non-uomini. Le persone lottano per la propria libertà mentre i non uomini danno esecuzione a ordini criminali».
E sul romanzo, che rappresenta un risultato sorprendente e importante per un editore come 21lettere, ha detto che «c’è molta crudeltà e anche il superamento che è possibile solo con il calore umano. La morte è anche un sono che ci aiuta a capire la saggezza della vita. Noi tutti ci trasformiamo in quello che siamo stati. In calore e luce».
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