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10 Novembre 2022 - 08:32
raymond chandler
Il duro Philip Marlowe ha avuto tanti volti e posso ammettere che, per me, quello di Humprey Bogart è unico, inimitabile. Ma c’è nell’ultima trasposizione cinematografica, quella del 1973 - a quasi vent’anni di distanza dal romanzo - con Elliott Gould nel “Il lungo addio” diretto da Altman, un qualcosa che aggiunge spessore, c’è un polveroso disincanto che non è l’apparente cinismo di un uomo che sapeva essere duro senza perdere la dolcezza. Davvero l’ultimo Marlowe cinematografico è perfetto per capire la grandezza dell’ultimo Chandler. “Il lungo addio” (Adelphi, 24 euro) torna nella nuova traduzione di Gianni Pannofino, libro figlio della sua epoca ma con una grandiosità nella costruzione della trama e dei personaggi ancora oggi modello per molti.
Qui Philip Marlowe finisce in cella per aver aiutato un certo Terry, conosciuto fuori da un night, ubriaco fradicio e semicollassato dentro una Rolls Royce, a raggiungere il Messico, dopo la morte della moglie. Una moglie infedele, ma figlia di un uomo ricchissimo e potente, con lui nei panni del marito di facciata. Sbrigate le “questioni” con la polizia, Marlowe riceve la notizia del suicidio di Terry. E un altro suicidio arriverà dopo, quello di uno scrittore alcolista che Marlowe dovrebbe “proteggere” - in realtà, meglio proteggere sua moglie - fino a che terminerà il suo nuovo romanzo. Inutile dire che queste storie sono collegate in un modo che solo Raymond Chandler sapeva fare.
Chandler, che soleva dire «io sono vivo, attraverso la pagina, attraverso il racconto», uomo dalla vita tormentata dai suoi demoni e dall’alcol, arriva all’apice della fama, e con il riconoscimento infine della critica, proprio con questo romanzo crepuscolare, l’ultimo suo compiuto. E li vediamo, lui e il suo disilluso ma non domo protagonista, a viaggiare insieme verso un finale che non è un tramonto glorioso da raggiungere a cavallo, ma una solitudine che sa di bourbon e di strip tease, di vecchie decapottabili e di palme morenti sui boulevard di Los Angeles, di aria del deserto messicano, di amigos, sangue e di lacrime, di tradimenti. Cavaliere con qualche macchia ma certo senza paura, Marlowe è uno degli ultimi romantici, la sua fede in chi la merita è incrollabile, a dispetto di tutto, del fatto che «dovrei essere un duro», e le conseguenze... beh quelle sono solo conseguenze, appunto. Cui voltare le spalle. Adios, detective.
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