l'editoriale
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05 Gennaio 2023 - 08:59
Un hotel semideserto stritolato nel gelo di una bufera di neve e minacciato da una valanga, degli sconosciuti che devono lottare per la vita. E qualcuno, tra loro, non è chi dice di essere. È una struttura che rappresenta un grandissimo classico per il thriller e che non delude mai gli appassionati, a patto di saperla gestire con coscienza. Martin Griffin di Manchester, ex vicepreside delle superiori, al suo esordio narrativo, lo fa bene, decisamente bene.
“L’impostore” (Giunti, 16,90 euro, traduzione di Adria Tissoni) esce in questi giorni, in anteprima anche rispetto al mondo anglosassone. La protagonista è Remie Yorke, dipendente del Mackinnon Hotel: ultimo turno di notte, in mezzo alla bufera, prima di chiudere i bagagli, vendere la sua auto e volare via, a Santiago del Cile, per una nuova vita.
Ma la tempesta di neve, al momento, sta mettendo in pericolo i suoi progetti. Nell’hotel ci sono solo lei e due ospiti, uno dei quali è un tipo strano che, a quanto pare, ha registrato la conversazione con lei al bar, e l’altra una appassionata di trekking che però è sparita. Nel bel mezzo della bufera, all’hotel arriva un uomo ferito, dice di essere un poliziotto e di chiamarsi Don Gaines. Il convoglio di cui faceva parte ha avuto un incidente e il prigioniero che stava trasferendo è fuggito.
Con le comunicazioni interrotte, con l’impossibilità di avviare una qualunque ricerca, Gaines vuole mettere in sicurezza gli ospiti dell’hotel, seppur ferito si propone di proteggerli. Per questo, si fa consegnare un fucile dall’armeria.
Per Remie, una situazione difficile: lei quel carcere, poco lontano, da cui veniva il convoglio, lo conosce bene, perché lì era detenuto suo fratello minore. Per stargli vicino aveva lasciato il suo lavoro di docente, fino alla sua morte, in una rivolta.
Proprio la vicenda di suo fratello è quella che si alterna, nella narrazione, con la situazione contingente: le bravate, i primi traffici illeciti, i crimini più pesanti, quel sogno del deserto di Atacama
Mentre Remie continua a interrogarsi sul prossimo futuro - la tempesta la lascerà partire? -, un altro uomo bussa alla porta, anche lui ferito, anche lui poliziotto. Un altro del convoglio? No, perché anche lui dice di chiamarsi Don Gaines. E, rispetto a quello arrivato prima, rivela anche il nome del criminale in fuga, un certo Troy Foley, che per un dannato capriccio del destino - ma lo sarà poi davvero? - era l’uomo per cui lavorava il fratello di Remie e il responsabile della sua morte.
La giovane Remie è così presa in una possibile trappola: uno dei poliziotti è un impostare e dunque non può che essere Foley. Ma chi? Remie conosce le tecniche di interpretazioni, le dinamiche sociali, i suoi ragionamenti ci trascinano tutti in quella spirale di dubbi per cui, a seconda di chi dei due parla, ciascuno dei Gaines ha ottimi motivi per essere quello vero, ma anche il contrario.
Un thriller teso, affascinante, dove la soluzione non è affatto scontata.
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