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Torino, il tesoro degli zingari nelle banche croate: sequestrati 420mila euro a rom senza reddito

finanza
Il tesoro degli zingari nelle banche croate. La guardia di Finanza di Torino, su provvedimento della Corte d’Appello, ha confiscato oltre 420mila euro depositati su banche croate, a tre rom, pluripregiudicati e noti soprattutto per furti commessi in varie aziende piemontesi.

La vicenda nasce nel 2014, quando le autorità croate comunicano a quelle italiane che una ventina di nomadi, residenti da anni in Italia, dispongono di ingenti depositi presso alcune banche di Zagabria. Scattano così le indagini del nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Torino coordinate dalla Procura, che già nel 2016, vista la disponibilità di alcune persone di somme di denaro in misura sproporzionata rispetto ai redditi dichiarati, nella maggior parte dei casi addirittura pari a zero, portano a un primo sequestro preventivo.

Nel corso delle indagini è stato appurato che alcuni di essi hanno presentato per anni false attestazioni Isee, percependo indebitamente dal Comune di Torino assegni familiari per oltre 70.000 euro. In sostanza, hanno omesso sistematicamente di indicare tra i redditi percepiti i ricavi ottenuti con l’attività di raccolta di rottami.

Per abbassare l’Isee, i responsabili della truffa hanno falsamente dichiarato di aver avuto “a carico” una trentina di persone, prive di reddito e tutte residenti nello stesso campo nomadi. Per tale ragione, sono stati anche denunciati per indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato.

Un’attività, quella della raccolta di rottami, che ha riguardato circa 2.000 tonnellate di rifiuti metallici, oltretutto svolta senza le prescritte certificazioni in materia ambientale. Ironia della sorte, i redditi ottenuti tramite l’attività di raccolta di rifiuti è emersa proprio grazie alle persone coinvolte nell’indagine che, nel tentativo di giustificare i depositi in Croazia, hanno fornito le prove del reato commesso. La decisione della Corte d’Appello dispone la confisca di oltre 420mila euro per i quali gli interessati non hanno saputo giustificare la provenienza.

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