Una richiesta di avocazione da parte della procura generale del capoluogo toscano delle indagini sul “mostro di Firenze” è stata depositata ieri dall’avvocato Valter Biscotti, del Foro di Perugia, che rappresenta alcuni familiari delle vittime. «Alla luce di quanto accaduto a seguito di alcune decisioni della procura di Firenze che di fatto impedisce ai difensori delle persone offese di svolgere indagini difensive relative agli otto duplici omicidi siamo costretti ad agire di conseguenza», ha spiegato il legale. Secondo l’avvocato Biscotti «sussistono tutti i requisiti di legge per potersi chiedere l’avocazione prevista dall’articolo 412 del codice di procedura penale per la fuga di notizie sulle relazioni Minervini, le mancate risposte alle legittime istanze dei difensori, di accesso agli atti di processi definiti con sentenze dibattimentali da più di vent’anni, la violazione dei termini di durata previsti dall’articolo 407, la violazione degli adempimenti imposti dall’articolo 407 comma 3 bis del codice, la mancata messa a disposizione della Corte di assise degli atti del fascicolo per il dibattimento del processo Pacciani nella loro integrità e completezza». L’accesso (per appunto finora negato) alla totalità degli atti potrebbe consolidare le indagini difensive poggiando su un dato oggettivo: per tre duplici delitti ricondotti alle attività sanguinarie del «mostro», ancora oggi mancano sentenze definitive sul responsabile o i responsabili. Del resto, nella complessità dei fatti e delle successive indagini, qualcos’altro sarebbe rimasto dimenticato (si ignora se per approfondita valutazione, sottovalutazione oppure altro ancora), unitamente ai consigli invano forniti dai carabinieri con quel loro dossier. Parliamo di una traccia di Dna isolata da una delle tre buste inviate dal «maniaco» a tre magistrati che si occupavano delle inchieste, e contenenti lettere di minacce e bossoli Winchester. Di nuovo calibro 22. Una coincidenza, forse. Ma negli omicidi, spesso le coincidenze possono divenire tracce. Dice Biscotti: «Noi vogliamo vedere tutti gli atti perché li c’è la verità degli otto duplici omicidi. Una verità a mio giudizio che non ha nulla a che vedere con istruttorie e sentenze fino ad ora conosciute».
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