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16 Marzo 2021 - 07:27
La casa di Baio Dora dove è avvenuta la tragedia
Nella piazzetta di fronte alla casa di Elena, c’è una fontanella da cui sgorga acqua fredda di montagna e c’è un parapetto dove lei, 12 anni, e due sue amiche tredicenni, si trovano di pomeriggio, perché a quell’ora batte il sole.
Il giuramento
Lì le tre ragazzine hanno pianificato «un gesto clamoroso e spettacolare», qualcosa che sarebbe «finito sui giornali» e avrebbe interrotto l’isolamento, vinto il disagio e le frustrazioni delle tre adolescenti, da mesi sofferenti per la «mancanza di prospettive», perché dalla piccola frazione di Baio Dora, nel comune di Borgofranco di Ivrea, non avrebbero mai potuto fuggire. Un patto suggellato con il sangue (i tagli sulle braccia delle ragazzine ne sono la tragica testimonianza) che nessuna avrebbe disatteso.
In cameretta
Domenica sera Diego Ardissone, artigiano in falegnameria della zona, è entrato nella cameretta di Elena, sua figlia, e l’ha trovata senza vita, con un cappio al collo annodato con la cintura di spugna del suo accappatoio. Non una lettera, una spiegazione che «probabilmente la troveremo nelle centinaia di chat presenti nel telefono della vittima», spiega il procuratore capo di Ivrea Giuseppe Ferrando. Un gesto estremo condiviso virtualmente con chissà quante adolescenti e, di presenza, con le sue amiche disperate, compagne di scuola di Elena.
Pranzo in famiglia
Lei è andata fino in fondo e, per farlo, secondo lo zio Domenico, «si è ispirata a Tik Tok. Era sempre li sopra a chattare. Ma non credo che mia nipote volesse farla finita. Domenica a pranzo, con tutta la famiglia, aveva parlato del suo futuro, della scuola che avrebbe voluto frequentare dopo le medie. Mi è parsa serena». Elena non c’è più, le amiche non l’hanno seguita. Una delle due, terrorizzata, si sarebbe confidata con i genitori, l’altra sembra non abbia mai preso sul serio la «il giuramento con il sangue». Entrambe sono state ascoltate dal procuratore del Tribunale per i minorenni Emma Avezzù, mentre il procuratore di Ivrea Ferrando ha aperto un fascicolo dove si ipotizza il reato di «istigazione al suicidio».
Le indagini
«Un atto dovuto - dice - che ci permetterà di effettuare alcune verifiche che sono doverose». Per il magistrato, che al momento non esclude nulla, «il disagio esistenziale e il rapporto tra le tre ragazzine sono al centro delle nostre verifiche» e il web, Tik Tok e gli altri social farebbero da sfondo ad un dramma di cui non si è accorto nessuno. «Stiamo parlando di famiglie normali - aggiunge Ferrando -, ma molto spesso papà e mamma sono gli ultimi ad accorgersi dei malesseri e dei disagi dei figli».
In paese
Non se ne sono accorti in paese, dove nello spaccio della piccola frazione, Elena e le sue amiche vengono descritte come «ragazze solari e piene di vita». Solo un montanaro di circa settant’anni che ricovera le sue «bestie» in una stalla all’inizio del paese, e dice di chiamarsi Bernardo, sospetta: «Erano sempre con quel telefono in mano...».
A scuola
Di nulla si sono accorti a scuola, alla media Germanetti di Borgofranco, dove la responsabile della succursale evita ogni commento, ma alcuni docenti che alla spicciolata lasciano l’istituto, aggiungono: «Già è difficile capire i nostri allievi quando siamo in presenza, con la didattica a distanza, è pressoché impossibile». Oggi, il medico legale Mario Apostol eseguirà l’autopsia utilizzando tecniche virtuali di ricerca clinica che permettono di non intervenire sul corpo della ragazzina.
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