«Non buttate le vostre sigarette in mare», maresciallo muore dopo la lite in spiaggia

«Mio fratello è morto per difendere il mare della sua terra». Vincenzo Carbone non riesce a darsi pace, dopo il malore che ha stroncato suo fratello Antonio nel primo giorno delle sue ferie. Il maresciallo dei carabinieri Antonio Carbone aveva 56 anni ed era attualmente in servizio alla tenenza di Ciriè dopo essere stato in passato comandante delle stazioni di Lanzo e Chialamberto e aver speso praticamente tutta la propria carriera nella compagnia di Venaria.

Nel weekend ha raggiunto Paola, in Calabria, la sua terra d’origine per trascorrervi le ferie estive. Lunedì era in spiaggia, quando è scoppiato un diverbio con i vicini d’ombrellone. Il fratello ha affidato a Facebook il racconto di quanto sarebbe successo: «Mio fratello voleva solo difendere il mare di Paola dalla ignoranza violenta e barbara di un clan di bagnanti calabresi che invece lo stava distruggendo. Un gesto da poco, un gesto banale, chiedere con gentilezza di non buttare rifiuti in mare. Ma l’ignoranza violenta e la protervia minacciosa hanno avuto la meglio».

Dopo aver invitato i bagnanti a non buttare sigarette in mare, è scoppiata la lite. «Alla fine di un violentissimo assalto verbale da parte del clan, a cui lui non ha potuto opporre alcuna resistenza, il suo cuore non ha retto. È morto sulla spiaggia». Il comprensibile sfogo di Vincenzo si chiude con un ricordo del maresciallo. «Grazie Antonio per averci fatto vedere un uomo all’opera, un uomo che si prende cura della casa comune, un uomo che con gentilezza chiede ai calabresi di non distruggere la Calabria. È morto un carabiniere nell’esercizio delle sue funzioni di essere umano, si chiamava Antonio Carbone, mio fratello».