l'editoriale
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14 Ottobre 2021 - 08:26
Strada Bramafame, nell’estrema periferia nord di Torino, sembra un luogo apocalittico, abbandonato dalla civiltà. In corrispondenza del civico 42 sono ancora presenti montagne di mattoni e travi di legno della palazzina crollata lo scorso 24 agosto a causa dell’esplosione di una bombola gpl. L’incidente era costato la vita al piccolo Aron, un bimbo di appena quattro anni. La famiglia distrutta è stata ospitata in un housing sociale. Ma dopo oltre un mese e mezzo dalla tragedia nulla è cambiato per quella parte di città che appare sempre più abbandonata a se stessa. Lungo i muri delle case sono ancora presenti le transenne e il nastro bianco e rosso che delimitano l’area del crollo. Per terra spunta un tappeto di cocci di tegole e detriti vari, ma per strada non si incrocia anima viva. Sembra un borgo fantasma, inabitato da decenni. Il passaggio dell’uomo è visibile soltanto negli ammassi di elettrodomestici e sanitari scaricati dagli incivili sul ciglio della strada. Procedendo in direzione della cava, ci si imbatte in una montagna di rifiuti carbonizzati difficili da identificare, forse porte di una casa, assi di legno, vecchi mobili o materiale plastico che qualcuno ha pensato bene di dare alle fiamme. «A volte vediamo delle nuvole nere alzarsi di fianco alle nostre case, l’aria è irrespirabile, siamo ostaggio del degrado» protestano i residenti dei quartieri Barriera Lanzo e Madonna di Campagna che definiscono strada Bramafame come: «Terra di nessuno».
Nonostante sia all’interno dei confini cittadini e vicino allo stadio della Juventus, la via non è neppure servita dalla rete di distribuzione del gas. «Qui utilizziamo tutti bombole o bomboloni, non possiamo fare altrimenti» spiegano gli abitanti al citofono. Di uscire fuori casa casa non se ne parla. Anche perché lo spettacolo non è certo dei migliori. Ai lati della strada, procedendo lungo la cava, spuntano montagne di frigoriferi, wc, divani, armadi, macerie di cantiere. Sull’erba si può davvero trovare di tutto. A un certo punto un cartello avverte che si sta entrando in una proprietà privata, ma i cancelli sono aperti e l’accesso, di fatto, è consentito a chiunque.
«Sono anni che conviviamo con le discariche. E’ necessario che il prossimo sindaco si faccia carico di smaltire tutti questi rifiuti» dicono gli abitanti. Nelle loro parole però non sembra esserci più alcuna speranza.
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