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28 Gennaio 2022 - 08:10
Dopo le ripetute richieste di attenzione da parte dei coltivatori e l’approdo dei primi branchi fuori controllo alle porte del centro di Torino, con l’esplosione della peste suina ad Alessandria e di un’epidemia che preoccupa non poco anche la Regione, arrivano anche le prime stime di quello che dovrà essere il piano di abbattimento degli ungulati, da qui ai prossimi dodici mesi. Almeno 50mila animali selvatici, nati e cresciuti allo stato brado e in particolare negli ultimi due anni, quando l’attività venatoria si è dovuta fermare a causa della pandemia.
La proliferazione, infatti, continua a non conoscere soluzione di continuità anche per l’assenza di un piano di abbattimento selettivo, nonostante sia stato avviato un monitoraggio dei cinghiali colpiti dalla malattia sia nell’Alessandrino che nel resto del Piemonte. «Per contrastare l’epidemia nell'arco dei prossimi dodici mesi sarà indispensabile abbattere circa 50mila cinghiali, che si sono rivelati, come purtroppo avevamo denunciato da tempo, vettori della peste suina africana» conferma il presidente di Confagricoltura Piemonte, Enrico Allasia. «La proliferazione di questi selvatici è ormai abnorme e occorre riportare in equilibrio l'ambiente naturale che oggi è messo a rischio anche per quanto riguarda la tutela della biodiversità» secondo Coldiretti.
Il computo dei capi da abbattere deriva dal “Manuale operativo pesti suine” redatto dal Centro nazionale di lotta ed emergenza contro le malattie animali e dall’Unità centrale di Crisi della direzione generale Sanità animale e Farmaci veterinari del ministero della Salute, per cui, “Un’efficace opera di depopolamento si raggiunge quando vengono abbattuti il doppio dei cinghiali abbattuti normalmente durante l’attività venatoria”. E prima della pandemia il totale in Piemonte era di circa 25mila.
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