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14 Maggio 2022 - 08:31
Neanche il carcere l’ha fermato. Dalla cella, minacciava i nuovi proprietari del ristorante per riavere il locale che gli era stato confiscato per mafia. I carabinieri del nucleo investigativo di Torino, dopo due anni d’indagini, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Giuseppe Ursino, 54 anni, nipote dello storico boss della ’ndrangheta in Piemonte Rocco Lo Presti, noto come “Roccu u Maneja” (morto nel 2009). L’accusa è di tentata estorsione, pluriaggravata dal metodo mafioso. Con lui, è finito in manette anche Stefano Visentini, 49 anni di Rivoli.
Secondo gli inquirenti Ursino, considerato un esponente della mafia calabrese legato alla cosca dei Crea, attraverso il complice, avrebbe tentato, mediante minacce e intimidazioni, di riottenere la gestione dell’ex ristorante di Alpignano “Lettera 22”, che gli era stato confiscato a in quanto faceva parte di una rete di attività economiche usate dalla criminalità organizzata per il riciclaggio del denaro e per sostenere le cosche. Proprietaria di “Lettera 22” era diventata un’associazione che aveva provato a rimettere il locale sul mercato: ogni volta che un imprenditore si interessava all’affare, però poi si tirava indietro all’improvviso.
Il motivo l’ha spiegato proprio uno di loro con un messaggio messo agli atti dai carabinieri: «Non mi metto a litigare con mezze famiglie di Torino. Non vado a buttare via i soldi che dopo un mese mi trovo il locale distrutto o la macchina bruciata». Non a caso, secondo il giudice, Stefano Sala, Ursino «ha dimostrato una straordinaria capacità criminale» dato che anche dal carcere è riuscito a esercitare «una egemonia tale nella vita sociale e imprenditoriale di Alpignano» tanto «da impedire il regolare svolgimento delle attività economiche».
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