Sedotta da quel ragazzo, di quasi vent’anni più giovane di lei, e dai suoi modi di fare garbati, dal Sud Italia aveva lasciato famiglia e affetti per amore. Per vivere insieme a quel giovane. Ma in due anni di convivenza, le umiliazioni e i momenti di tristezza non erano mancati. Lui, trentenne marocchino, con una famiglia musulmana praticante e ultra ortodossa, non ha mai presentato lei - italiana di 47 anni, ai genitori. L’ha tradita. E infine, l’ha lasciata. La sera del 22 febbraio scorso, a Rivoli, durante una lite in casa di lei nata dalla volontà di lui di volere “abbandonare” definitivamente la donna, lei, mentre stava tagliando una mela, lo ha accoltellato al fianco e alla mano.
Un’azione che oggi l’imputata, una 47enne nata a Milano e vissuta in Puglia per molti anni, non ricorda bene. E che le è costata l’accusa di tentato omicidio. Il processo si è aperto due giorni fa, a porte chiuse. Il pm Francesco La Rosa non ha dubbi: «Lei voleva ucciderlo». Ma la difesa - legale Stefania Giordano - è di tutt’altro avviso: si tratterebbe di «lesioni». Anche perché, ha sottolineato Giordano davanti al gup, l’uomo accoltellato era riuscito, dopo l’aggressione, a prendere lo zaino e la giacca, a scendere le scale, e a telefonare, per strada, all’ambulanza. Infine, nessuno lo avrebbe dichiarato in pericolo di vita.
«La sua famiglia non mi ha mai accettata - ha spiegato la donna - viveva fuori Italia. In due anni di convivenza, ogni volta che i genitori di lui venivano a trovarlo, il mio fidanzato mi lasciava. Ho sofferto moltissimo. Quella sera ero alterata, non stavo bene. Ho detto a lui di dire ai suoi che stavamo insieme, se no sarebbe finita». Ma lui ha troncato il rapporto, confermando di volerla lasciare, cosa che aveva già annunciato in precedenza. «Avevo il coltello della frutta in mano ma non so come ho fatto a colpirlo», è la versione di lei. E la difesa ha precisato: «La ferita non era sanguinante». Ora sul caso, dovrà pronunciare la sentenza la giudice Cristina Domaneschi.
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Intanto l’ex fidanzato, alla scorsa udienza, ha rimesso la querela. Le lesioni vennero inflitte con un coltello di dieci centimetri di lama, alla mano sinistra e al fianco destro. «Ho deciso di lasciarla un mese fa - aveva raccontato lui ai carabinieri di Rivoli - ero convinto. Abbiamo continuato a sentirci dopo, ma come amici. Le davo una mano ad accudire il gatto che avevamo adottato e le facevo varie commissioni». In realtà, secondo la versione di lei, la relazione sarebbe proseguita con alcuni incontri. Ma era solo sesso. «Quel pomeriggio - è quanto ricorda lui - mi chiese di comprarle un Buscopan perché aveva mal di pancia. Era strana, biascivava. Non so se fosse ubriaca o fuori di testa perché non accettava la fine di questo rapporto. Le ho consegnato la medicina, stavo per uscire di casa sua quando mi ha detto, col coltello in mano: “Tu te ne vai, allora ti ammazzo”. E mi ha accoltellato».
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