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CHIERI

Alla sbarra l’Oss che faceva spese coi soldi della comunità protetta

La donna utilizzava la carta prepagata della Onlus. Sotto accusa anche il figlio

Procura di Torino

Il processo si tiene al Palagiustizia

Centinaia di euro sottratti dalla carta prepagata che la casa famiglia metteva a disposizione dei suoi dipendenti per gli acquisti “spot” a favore dei giovani ospiti, come il cinema o le gite della domenica. Con queste accuse una Oss 61enne è finita alla sbarra per indebito utilizzo di strumenti di pagamento diversi dai contanti a danno della onlus Hesed, che gestisce delle comunità protette a Chieri, Riva di Chieri e Villanova d’Asti. A denunciare i prelievi sospetti e i tentativi falliti - che la banca segnalava in tempo reale con un sms - è stato nel 2020 uno dei tre fondatori dell’associazione, don Igor Sciolla.
«La carta era custodita in un mobiletto dentro una stanza chiusa a chiave e quattro operatori erano autorizzati a usarla durante il turno - ha raccontato don Igor, sentito come testimone davanti al giudice della terza sezione penale Piergiorgio Balestretti -. Aveva un importo massimo di ricarica e quando la disponibilità scendeva sotto il minimo, la banca la ricaricava in automatico. Una domenica mattina molto presto mi è arrivato un messaggio di ricarica e mi sono allarmato, perché non c’era nessuno in struttura».

A evitare un salasso peggiore (le somme sottratte si sono fermate a poco meno di 800 euro) sono stati il massimale della carta ricaricabile e la pronta reazione del parroco, che al primo sospetto ha dato mandato alla banca di bloccarla e denunciato l’accaduto. In particolare, dagli estratti conto è emerso anche un tentativo di acquisto per 1300 euro in un negozio di telefonia, rifiutato proprio per le caratteristiche della carta. Per il resto i prelievi si sono limitati a somme tra i 20 e i 100 euro ciascuno. In aula il don ha anche riferito che la donna ha poi restituito gran parte del maltolto e ha parlato dei piccoli dissapori avuti con lei quando avrebbe chiesto di essere licenziata per ottenere l’indennità di disoccupazione.

A finire nei guai però è stato anche suo figlio, perché sarebbe stato lui a tentare fisicamente da un bancomat il prelievo poi andato fallito e la carta è stata poi trovata nella sua auto. A “incastrarlo” sono stati i filmati delle telecamere di sorveglianza della banca, poi consegnati agli agenti del nucleo radiomobile. Quel tentato prelievo gli è costato un’imputazione per lo stesso reato contestato alla madre e la pm ha chiesto per lui 1 anno e 6 mesi più 800 euro di multa. Nel processo la onlus si è costituita parte civile ed è rappresentata dall’avvocato Gianluca Costa del foro di Asti. In aula la donna, sentita in qualità di imputata in procedimento connesso e come parente, si è difesa dicendo che in quel momento aveva bisogno di denaro perché era «in un periodo nero».

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