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CHIERI
25 Maggio 2023 - 18:56
Il processo si tiene al Palagiustizia
Centinaia di euro sottratti dalla carta prepagata che la casa famiglia metteva a disposizione dei suoi dipendenti per gli acquisti “spot” a favore dei giovani ospiti, come il cinema o le gite della domenica. Con queste accuse una Oss 61enne è finita alla sbarra per indebito utilizzo di strumenti di pagamento diversi dai contanti a danno della onlus Hesed, che gestisce delle comunità protette a Chieri, Riva di Chieri e Villanova d’Asti. A denunciare i prelievi sospetti e i tentativi falliti - che la banca segnalava in tempo reale con un sms - è stato nel 2020 uno dei tre fondatori dell’associazione, don Igor Sciolla.
«La carta era custodita in un mobiletto dentro una stanza chiusa a chiave e quattro operatori erano autorizzati a usarla durante il turno - ha raccontato don Igor, sentito come testimone davanti al giudice della terza sezione penale Piergiorgio Balestretti -. Aveva un importo massimo di ricarica e quando la disponibilità scendeva sotto il minimo, la banca la ricaricava in automatico. Una domenica mattina molto presto mi è arrivato un messaggio di ricarica e mi sono allarmato, perché non c’era nessuno in struttura».
A evitare un salasso peggiore (le somme sottratte si sono fermate a poco meno di 800 euro) sono stati il massimale della carta ricaricabile e la pronta reazione del parroco, che al primo sospetto ha dato mandato alla banca di bloccarla e denunciato l’accaduto. In particolare, dagli estratti conto è emerso anche un tentativo di acquisto per 1300 euro in un negozio di telefonia, rifiutato proprio per le caratteristiche della carta. Per il resto i prelievi si sono limitati a somme tra i 20 e i 100 euro ciascuno. In aula il don ha anche riferito che la donna ha poi restituito gran parte del maltolto e ha parlato dei piccoli dissapori avuti con lei quando avrebbe chiesto di essere licenziata per ottenere l’indennità di disoccupazione.
A finire nei guai però è stato anche suo figlio, perché sarebbe stato lui a tentare fisicamente da un bancomat il prelievo poi andato fallito e la carta è stata poi trovata nella sua auto. A “incastrarlo” sono stati i filmati delle telecamere di sorveglianza della banca, poi consegnati agli agenti del nucleo radiomobile. Quel tentato prelievo gli è costato un’imputazione per lo stesso reato contestato alla madre e la pm ha chiesto per lui 1 anno e 6 mesi più 800 euro di multa. Nel processo la onlus si è costituita parte civile ed è rappresentata dall’avvocato Gianluca Costa del foro di Asti. In aula la donna, sentita in qualità di imputata in procedimento connesso e come parente, si è difesa dicendo che in quel momento aveva bisogno di denaro perché era «in un periodo nero».
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