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IL CASO

Luca, morto a 32 anni «Viveva per suo figlio. Non si sarebbe mai ucciso. Vogliamo la verità»

Vuono era coinvolto come persona offesa in un’inchiesta legata a Francesco Ferrara

Luca, morto a 32 anni «Viveva per suo figlio. Non si sarebbe mai ucciso. Vogliamo la verità»

Luca con il figlio

Rimane un mistero la morte di Luca Vuono, 32 anni, deceduto improvvisamente il 5 giugno scorso nella sua abitazione di Rivoli. A raccontare gli ultimi momenti di vita del giovane è il padre, Franco Vuono, che ne nega con fermezza ogni legame con sostanze stupefacenti o psicofarmaci. «Mio figlio non aveva nessun problema con le droghe – dice – Vivevamo insieme e la sera prima della sua morte era lucido, è sceso solo pochi minuti per comprare le sigarette e poi è tornato a dormire». La mattina successiva, però, il padre lo ha trovato privo di vita. «Il medico legale ha parlato di arresto cardiaco – spiega Franco – Luca godeva di ottima salute e non soffriva di patologie. Era diventato padre da 14 mesi e viveva per il suo bambino. Non voglio che un giorno mio nipote legga certe cose sui giornali, come se suo padre fosse un tossicodipendente. Questo non è vero».La Procura ha aperto un’inchiesta per chiarire le cause del decesso. L’ipotesi di reato riportata ufficialmente è «morte o lesioni come conseguenza di altro delitto». L’autopsia è già stata eseguita e gli investigatori hanno acquisito il cellulare di Luca. «Vogliamo solo la verità», ribadisce il padre. Anche il fratello di Luca, Aspreno, sottolinea come il giovane fosse sottoposto a controlli regolari sul lavoro: «Guidava i muletti e si sottoponeva ai test delle urine. Se fosse stato tossicodipendente, sarebbe emerso dagli esami». La vicenda di Luca Vuono si intreccia con un’inchiesta giudiziaria di rilievo che ha recentemente coinvolto la zona di Rivoli e della provincia. Nel 2023, infatti, Luca era indicato come «persona offesa» in un’indagine coordinata dal pubblico ministero Manuela Pedrotta riguardante l’imprenditore Francesco Ferrara, noto come ex “Re dei Mercatini” e del locale Cioccolatò, e altri suoi presunti complici. L’inchiesta riguarda accuse di minacce, estorsione e sequestro di persona ai danni di dipendenti e altre persone che avevano rapporti di lavoro o economici con Ferrara, e che reclamavano stipendi o crediti. Secondo gli investigatori, in un episodio avvenuto il 24 agosto 2023 tra Rivoli e Rosta, tre complici di Ferrara avrebbero «prelevato con la forza» Luca Vuono e un’altra persona, conducendoli all’interno dello stabilimento Protal srl, riconducibile all’imprenditore. Qui sarebbero stati privati della libertà personale e Luca sarebbe stato picchiato, mentre Ferrara lo avrebbe fatto inginocchiare e minacciato con una pistola come punizione per aver richiesto il pagamento del proprio stipendio e per aver chiamato i carabinieri dopo un rifiuto. L’episodio è stato contestato con l’aggravante del «metodo mafioso», legato alla forza intimidatoria derivante dalle frequentazioni di Ferrara con esponenti della ‘ndrangheta, circostanza nota alla vittima.Franco Vuono assicura che suo figlio non conosceva la reale natura delle persone coinvolte. «Luca aveva lavorato poco con loro e voleva solo ottenere i soldi che gli spettavano, senza altro coinvolgimento. Ecco perché, durante gli interrogatori, non ha detto nulla».

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