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I grandi gialli del Piemonte

Canonica
Parroco e perpetue nel mirino di un perfido killer: la storia della strage di Bogogno, nel Novarese, potrebbe essere una delle più note della storia d’Italia; invece, è confinata alla conoscenza dei residenti e poco più. Il 16 novembre 1814 morirono il parroco del paese, don Giuseppe Deambrosi, le sue due perpetue Domenica Nobili e Maria vedova Uglietti e poi un amico, Antonio Guglielmetti, in visita quella sera.

Il medico perito accertò che i quattro cadaveri presentano varie ferite da arma da punta e taglio: sette al corpo del parroco, cinque alla perpetua Nobili, tre alla vedova Uglietti e tre al Guglielmetti, localizzate in diverse parti del corpo, specialmente alla gola ed al ventre. Una strage per portar via due soldi al povero prete, qualche doppia di Spagna e qualche vestaglia.

Il caso divenne celebre: a Torino si fece grande pubblicità all’episodio per trovare il perfido assassino e, pochi giorni dopo l’affissione del manifesto del Senato di Piemonte con il quale si promettevano laute ricompense ai delatori, ecco saltar fuori il nome del killer; anzi, dei killer: si chiamavano Alberto Corrado, Giulio Brusorio e Domenico Moja.

Finirono sul patibolo il 23 agosto 1817. Solo uno si salvò: Giulio Ceresa, il quarto complice, che finì tra i cosiddetti “banditi di Primo Catalogo”, ricercati cioè vivi o morti. Non fu mai trovato. Se lo fosse stato, la sua condanna sarebbe stata la seguente: condanna a morte e dopo la morte lo squartamento del cadavere, con confisca dei beni a favore della famiglia delle vittime.
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