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I grandi gialli del Piemonte

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Il duomo di Torino è stato teatro di un delitto crudele ed efferato, compiuto quando ancora la cattedrale torinese era divisa in tre chiese: quella di San Giovanni Battista – la principale – e quelle del Salvatore e di Santa Maria «de Dopno». Un delitto che ci rimanda ai tempi oscuri dell’Alto Medioevo, quando Torino era un semplice borgo racchiuso nelle mura romane.

La storia di questo omicidio efferato ci viene narrata da Paolo Diacono, nella sua celebre Historia Langobardorum (Liber IV, 51). Nel giorno di Pasqua dell’anno 662 Garibaldo, duca di Torino, entrò nella chiesa di San Giovanni per la Messa Solenne. Secondo le poche informazioni che abbiamo su questo duca, egli avrebbe tradito il re dei Longobardi Godeperto, esortando Grimoaldo, duca di Benevento, a scacciare dal trono Godeperto, che regnava insieme al fratello Pertarito.

È in questo torbido contesto politico che si inserisce l’omicidio del duca torinese: una volta entrato nella chiesa cattedrale, un «homunculus» della corte – così lo definì Paolo Diacono – lo aggredì decapitandolo mentre il duca si trovava al fonte battesimale. L’assalitore venne ucciso immediatamente dalle guardie e, dopo il doppio assassinio, fu necessario riconsacrare il luogo.
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