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I “No Pass” torinesi spendono 18 milioni al mese per i tamponi

no pass- tamponi

Le lunghe code che, quotidianamente, si vedono fuori dalle farmacie producono 40mila tamponi rapidi, tra Torino e provincia. La maggior parte di chi oggi si mette in fila lo fa per poter avere il lascia passare che gli consenta di lavorare, in assenza di certificato vaccinale. «Faccio il test ogni tre giorni» ci spiega un dipendente di banca, in attesa del suo turno, fuori da una farmacia in zona Santa Rita. Il prezzo cosiddetto calmierato per i tamponi è di 15 euro per gli adulti e di 8 per i ragazzi, da 12 a 18 anni. In altre parole la spesa media per un “No Pass” si aggira intorno ai 45 euro a settimana.

Moltiplicando poi il numero dei tamponi fatti giornalmente dalle farmacie (40mila) per 30 giorni, si ottiene un incasso medio di circa 18 milioni. Un malloppo non indifferente, che potrebbe lievitare ulteriormente, qualora dovesse passare l’ipotesi al vaglio del Governo di ridurre la validità del test rapido da 48 a 24 ore. «Le farmacie non sono tamponifici» ricorda il presidente di Federfarma Piemonte, Massimo Mana.

«In questo periodo, pur con tanti sacrifici abbiamo retto il colpo - prosegue -, ma se dovesse passare l’idea del tampone giornaliero, e spero di no, raddoppierebbe subito il numero di soggetti che vogliono farlo. Sarebbe difficile stare al passo, dovremmo riorganizzarci di nuovo». Oggi sono milleduecento le farmacie che effettuano i test rapidi in Piemonte, su un totale di circa milleseicento, ma il vero problema è che serve qualcuno che sappia farli, i tamponi. Altrimenti anche l’attendibilità ne risente.

Farmacisti fantasma

«Oggi sul mercato, farmacisti non ce sono», spiega il dottor Mana e aggiunge: «La totalità dei laureati viene assunta». Il problema della mancanza di personale è emerso con prepotenza durante i mesi di pandemia. «In questo momento le farmacie non hanno sostituti nemmeno per i pensionamenti “normali” - sottolinea Mana -, figurarsi cosa vorrebbe dire trovare persone da inserire adesso per fare i tamponi». Una prima riflessione, secondo il presidente piemontese di Federfarma, andrebbe fatta sul numero chiuso di accesso all’Università.

Ma questi sono discorsi da fare in tempo di pace. Un lusso che oggi non possiamo permetterci. «Ci spaventa molto l’idea che possa aumentare ancora il lavoro relativo ai tamponi - aggiunge Mana -. Questo andrebbe inevitabilmente a discapito dell’attività fondamentale del farmacista. Noi vorremmo tornare a dedicarci alla popolazione nella vendita del farmaco. Soprattutto i più anziani hanno bisogno di tanta assistenza, di spiegazioni e cura. Questo dovrebbe essere il nostro lavoro principale, non solo una parte».

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