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Covid, gli eroi dimenticati in piazza: «Oltre 100mila ore di straordinario»

piazza castello manifestazione
Reclutati, spremuti e ora appesi a un filo sottile, senza sapere se saranno rinnovati. Gli “eroi dimenticati” del Covid tornano in piazza per chiedere di essere assunti. Dopo due anni di emergenza sanitaria, gli infermieri non ci stanno a farsi da parte. «Lavoravo a tempo indeterminato in una Rsa privata quando è iniziato tutto, ma non appena è uscito il bando Covid dell’Asl ho deciso di voler aiutare» racconta Teresa, Oss di 45 anni ieri in piazza Castello a reclamare un posto di lavoro. «Il mio contratto scade a giugno e ho già avuto tre proroghe» spiega mentre una giovane ragazza sventola la bandiera sindacale per protesta. Le somiglia, è la figlia. «Sono divorziata e ho due figli da mantenere» ci racconta e guarda verso gli uffici della Regione Piemonte. Anche chi è già alle dipendenze dell’Asl poi chiede che gli venga riconosciuto lo sforzo fatto per far fronte alla pandemia.

«Contiamo 100mila ore di straordinari solo all’interno dell’Asl Torino 3» denuncia Domenico Albanese, di professione fisioterapista. Di norma, le ore di straordinario sono meno della metà rispetto a quelle fatte durante gli anni del Covid. Ma il vero problema sono i pagamenti. «L’azienda ha deciso di pagarle solo al 50%» denuncia ancora Albanese. «Personalmente ne ho fatte 100 e non ho mai lavorato come fisioterapista, sono sempre stato impiegato in campi collegati all’emergenza Covid».

Qualche professionista è finito anche in amministrazione pur di far fronte a tutte le incombenze. «Quasi tutte le aziende del torinese stanno lasciando a casa il personale interinale - sottolinea Marcello Daloiso, segretario Cisl dell’Asl Città di Torino. «Parliamo di centinaia di persone in meno, che rischiano di mettere in crisi i servizi. A pagarne il costo saranno i pazienti». Anche i profughi provenienti dell’Ucraina rischiano di dover fare i conti con la carenza di personale della sanità pubblica. «Dieci sfollati hanno bisogno di dialisi» spiega un sanitario nel San Giovanni Bosco, dove il rapporto degli infermieri rispetto ai malati è già di uno a tre. «Se non si consolida il personale, fra tre anni avremo una situazione aggravata - avverte anche il segretario generale Uil Gianni Cortese -. Lo Stato deve ripianare il debito sulla sanità e la Regione dovrebbe usare il “decreto Calabria” per derogare ai tetti di spesa fino a un 10% in più».

E ancora Cortese: «Il rischio è di finire in commissariamento». Ricorda bene i canti dai balconi e quei “grazie” urlati durante la fase più acuta dell’emergenza il segretario generale Uil Fpl Uil Roberto Scassa. E oggi? «Se ne sono dimenticati» commenta amaramente.
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