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14 Maggio 2021 - 07:47
Nei suoi cinque secoli di vita non ha mai lasciato la sua casa, le Grotte Vaticane. Lo fa ora per la prima e anche ultima volta e la destinazione è Torino. Dopo un lungo e complesso restauro ad opera della Fabbrica di San Pietro (l’ente della Santa Sede che si occupa della conservazione e manutenzione della Basilica di San Pietro), “La Madonna della partorienti” di Antoniazzo Romano sarà esposta da oggi e fino al 20 luglio prossimo nella Corte Medioevale di Palazzo Madama in una mostra promossa dalla Fondazione Torino Musei e patrocinata dalla Fabbrica di San Pietro in Vaticano e dell’Arcidiocesi di Torino. Un evento unico per la nostra città che accoglie così non solo un capolavoro dell’arte ma anche un oggetto di devozione, venerato per oltre cinquecento anni nella Basilica romana. E lo accoglie «non per caso nel mese mariano - come sottolinea il cardinale Mauro Garimberti, arciprete della Papale Basilica Vaticana - per portare conforto in questo tempo di pandemia e speranza per giorni meno difficili e più sereni». “Non per caso” è stata la scelta di Torino quale sede espositiva per questa anteprima assoluta. Antoniazzo Romano è infatti anche l’autore della Madonna più cara ai torinesi, “La Consolata” custodita nel Santuario della Consolata, fedele riproduzione dell’icona di quella Madonna del Popolo conservata nell’omonima basilica romana e che veniva esposta alla devozione solo in alcune solennità religiose e impiegata per scongiurare epidemie. Per questo l’ostensione dell’immagine sacra proveniente dalle Grotte Vaticane assume, per il presidente della Fondazione Torino Musei Maurizio Cibrario, «un valore altamente simbolico per il triste periodo in cui viviamo».
Realizzata alla fine del 1400, “La Madonna delle partorienti” rappresenta il fulcro di una mostra che racconta la storia del dipinto e le diverse collocazioni avute nel corso della sua esistenza, prima nell’altare della originaria Basilica Costantiniana (poi demolita per far posto all’attuale Basilica di San Pietro), poi nell’altare del cosiddetto “Muro del Sangallo” che divideva l’antica basilica dal cantiere di quella nuova, e infine nella Cappella delle Sacre Grotte Vaticane, ricostruita nella Corte Medioevale quasi in scala 1 a 1 con un suggestivo effetto immersivo. «In origine il dipinto era molto più grande – spiega Pietro Zander responsabile della necropoli vaticana e del restauro dei beni artistici della Fabbrica di San Pietro - , era un affresco di 1,50 x 1,20 mt, ora è ridotto a 81x77cm. Quando venne demolita l’antica basilica l’affresco fu staccato dal muro per essere recuperato. Nel tempo subì una serie di interventi di manutenzione e nel 1981 fu ridotto di spessore per essere collocato su un nuovo supporto di cadorite. A causa del precario stato di conservazione nel 2019 si è reso necessario un ulteriore restauro condotto da Giorgio Capriotti e Lorenza D’Alessandro che l’hanno restituito all’originaria bellezza». A corredo della mostra il catalogo a cura di Simona Turriziani e Pietro Zander.
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