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03 Ottobre 2021 - 08:08
Non ci sarà nessun rinfresco, come era consuetudine ad ogni apertura di stagione nei tempi preCovid; nessun red carpet, anche se i Vip saranno molti, (dal presidente della Fondazione Crt Giovanni Quaglia al presidente del Museo del Cinema Enzo Ghigo, dal segretario generale della Fondazione Compagnia di San Paolo Alberto Anfossi alla presidente della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo Patrizia Sandretto, all’attore e regista Eugenio Allegri e altri ancora), ma la serata di domani al Teatro Carignano (serata ad inviti realizzata con il sostegno della Fondazione Crt) quando andrà in scena lo spettacolo inaugurale del cartellone 2021-2022 dello Stabile, avrà comunque un sapore particolare: il sapore del ritorno alla normalità. Lo spettacolo è “Casa di Bambola” di Henrik Ibsen presentato in prima nazionale per la regia di Filippo Dini da quest’anno regista residente al Tst fino al 2024. Dopo il lungo lockdown, dopo i vari stop and go, tra chiusure e riprese, programmazioni annullate e ricandalerizzate, lo Stabile torna dunque alla sua “vita quotidiana” e riapre per non chiudere più, così almeno si spera. «Solo il tempo saprà dirci se ciò che è accaduto nell’ultimo anno e mezzo avrà conseguenze irreversibili sul ciclo creazione-esecuzione-fruizione nel teatro - dice il direttore Filippo Fonsatti -, ma in ogni caso tocca a noi operatori la responsabilità di gestire qui e ora la transizione verso un rinnovato equilibrio tra la valorizzazione degli artisti e la partecipazione del pubblico». Il sipario sul grande classico della drammaturgia che Ibsen scrisse nel 1879 durante un soggiorno ad Amalfi si alzerà alle 20,30 (lo spettacolo replicherà fino al 31 ottobre) e restituirà al pubblico una rilettura inedita dello scontro di genere in casa Helmer. Dini, che oltre a essere regista è anche protagonista sul palco nel ruolo del marito Torvald Helmer, ribalta completamente l’immagine di Nora, qui interpretata dall’attrice di origini turche Deniz Özdocan, così come appariva nelle regie del secolo scorso, ovvero quasi una femminista ante litteram. «Non credo nell’interpretazione, molto frequente in passato, di una Nora che si libera da un marito pedante e ottuso - spiega Dini -, ma credo piuttosto in una interpretazione più contemporanea di un legame che si dissolve a causa di una reciproca diffidenza, nata dall’incomprensione mai risolta tra uomo e donna». E aggiunge: «Ibsen, con straordinario anticipo sulla storia, ci metteva in guardia in merito a ciò che sarebbe potuto scaturire da quella mancanza di reciproca comprensione: quel vuoto fra i due sessi, quella differenza di coscienze ha generato l’epoca contemporanea e ha detonato una guerra fredda disperata, caotica e spesso fatta di ottusità, rancori, passività, prepotenza e fragilità che non sappiamo più definire». Sul palco con Dini e Özdocan, anche Orietta Notari, Andrea Di Casa, Eva Cambiale e Fulvio Pepe.
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