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11 Marzo 2022 - 09:11
Impossibile non ricordarlo con un grembiule da cucina, dietro un bancone, intento a preparare una delle sue ricette. Veri cult, come i suoi film indimenticabili, specchio di un’Italia burlona, fanfarona, cinica che lui, Ugo Tognazzi, ha saputo riportare in immagini e ricette. «Non c’è modo migliore per omaggiare mio padre a cento anni dalla sua nascita se non a tavola», racconta il figlio Gianmarco Tognazzi incontrato a Torino durante una pausa dal set, super blindato, della nuova serie Amazon, “Everybody loves diamonds”, diretta da Gianluca Tavarelli, una sorta di “Casa di carta” all’italiana. Il regista piemontese è tornato sotto la Mole, infatti, in queste settimane per raccontare la storia ricca di colpi di scena della rapina di Anversa del 2003, interpretata da Kim Rossi Stuart e Anna Foglietta.
«No, non posso dire nulla - spiega ancora Tognazzi - siamo blindatissimi proprio così come si addice a una serie che farà parlare molto. Mentre per quanto riguarda Ugo, in questi giorni ho dato una mano al mio amico Danilo Pelliccia (chef dei Dù Cesari di corso Regina Margherita 252, ndr) per organizzare la cena del 23 marzo al Combo, giorno in cui nacque Ugo. Io, ovviamente, non ci sarò. Sarò a Roma con tutti i miei fratelli, Ricky, Maria Sole, Thomas e il resto della famiglia. Abbiamo prenotato da Benito, il ristorante preferito di Ugo».
Quali sono i piatti che non potevano mancare per Ugo? «Per lui la cucina era sempre diversa, nasceva dalla situazione del momento, dalla materia prima che aveva. Proprio come una massaia, ogni giorno la sua cucina era diversa. Il cibo era tutto per lui, una filosofia, un modo di vivere la vita, la professione, gli altri».
Ci racconti di casa Tognazzi? «Siamo cresciuti con una tavola apparecchiata ogni giorno, sia a pranzo, sia a cena, per almeno cinque persone, io, i miei fratelli, Franca (la mamma, ndr) ma, quasi sempre c’erano ospiti, quindi era normale stare a tavola in dieci, venti, trenta. A tavola nascevano idee, nasceva il cinema. “La grande abbuffata” è nata così, da una battuta di Marco Ferreri che disse a Ugo: “Se continui a farci mangiare in questo modo ci ammazzi”...».
Com’era suo papà in casa? «Cucinava, cucinava e basta. Aveva una piccola brigata che gestiva proprio come uno chef. Nel corso della sua vita ha scritto ben cinque libri di cucina, è stato direttore per tanti anni della rivista Nuova Cucina e parlava sempre di cucina. Si può dire che sia stato il primo food blogger italiano, il precursore di stili in ambito culinario oggi diventati di moda. Mi riferisco al bio, al chilometro zero. Lui lo aveva già capito decenni fa, coltivandosi un orto tutto suo da cui traeva la materia prima e fondando la Tognazza, l’azienda vitivinicola di Velletri dove io ho deciso di vivere e che curo in prima persona».
Cento anni di Ugo Tognazzi, da Cremona a Roma a Torino. «Sì, ma io credo che il valore culturale di certe persone come Ugo e tantissimi altri attori e cantautori, non debba essere omaggiato solo nelle ricorrenze ma tramandato quotidianamente attraverso lo studio nelle scuole, per esempio. Il nostro Paese dovrebbe fare di più».
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