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LA STORIA

Un pugile volpianese a Londra: "Vi racconto la mia esperienza"

Il quindicenne Gabriele Bellandi racconta il viaggio al Team Hodbox

Da sinistra a destra: Anthony  El Moety, Gabriele Bellandi e Mattia Turrin

Da sinistra a destra: Anthony El Moety, Gabriele Bellandi e Mattia Turrin

Viaggiare aiuta a crescere e a maturare. Se poi si riesce anche a coltivare la propria passione, non sarà difficile provare l’emozione di avere fatto la scelta giusta. Gabriele Bellandi è appena tornato da un camp, che ha svolto al Team Hodbox di Londra, e nella sua mente di 15enne si affollano ricordi entusiasmanti. «Sono stati quattro giorni bellissimi - racconta - e molto intensi. Gli inglesi sono fra i più forti d’Europa e prediligono il confronto. Ho fatto sparring con diversi pesi, quasi tutti intorno ai 60 kg, che avevano alle spalle più incontri dei miei. Penso comunque di essermi fatto valere». Sotto la guida di Alessandro El Moety, tecnico della Roma Boxe TorreAngela il volpianese era in compagnia di Anthony e Marzio El Moety e di Mattia Turrin della Boxe Latina. «È bello crescere - spiega Bellandi - e condividere gli stessi obiettivi con i compagni conosciuti in Nazionale. Vuol dire che non è stato solo un legame occasionale e che sta nascendo una vera amicizia. Lo sport agonistico insegna a essere competitivi, ma anche valori come la lealtà, il rispetto e, appunto, l’amicizia».

Gabriele prima di andare in Inghilterra, era già stato in maglia azzurra in Turchia, in Romania e in Ungheria: «Ho affrontato scozzesi, inglesi, ucraini, irlandesi, romeni e azeri, pugili che, come me, amano scambiare». La medaglia d’argento dei tricolori Schoolboy e junior, allievo del maestro Roberto Lavecchia all’Accademia della Boxe, ha qualità per emergere e in Nazionale se n’è accorto anche Patrizio Oliva, ex campione olimpico, mondiale ed europeo: «Quando combattei contro un ucraino, mi disse che era stata una delle poche volte che aveva visto un ragazzo di quel Paese, abituato a non cedere mai, arretrare davanti a italiano. Io all’epoca avevo poca esperienza nella boxe. Girare l’Europa mi dà grande soddisfazione e mi permette di fare attività ai massimi livelli. Quando praticavo il judo ero abituato a disputare incontri ogni settimana, mentre nel pugilato è diverso, gli impegni agonistici sono assai meno frequenti. A me i match mancano moltissimo e fare sparring all’estero, in fondo, è come combattere».

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