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Destini maledetti

Pistorius, Rohan, OJ... Quei campioni macchiati di sangue

Dalla fuga in Suv lungo l'autostrada alla morte davanti alla polizia. E l'innocente che ispirò Bob Dylan

Pistorius, Rohan, OJ... Quei campioni macchiati di sangue

Grandissimi sul ring, oppure su una pista di atletica o sul campo di football, ma poi messi KO da un lato oscuro che portavano dentro. Non solo Oscar Pistorius, appena tornato libero: l'elenco di grandi atleti che si sono macchiati di sangue - quello delle mogli o delle compagne - e che hanno affrontato la giustizia è lungo. Storie maledette, molte delle quali divenute leggenda.

Rohan Dennis uccide la moglie

L'ultima, in ordine di tempo, fresca di questi giorni, è quella del ciclista australiano Rohan Dennis, 33 anni: arrestato e poi rilasciato su cauzione per l'omicidio della moglie Melissa Hoskins. Dennis, sei titoli mondiali, due medagli olimpiche e vittorie di tappa sia al Giro d'Italia sia al Tour de France, avrebbe investito con la propria auto Melissa, madre dei suoi figli, trascinandola per diversi metri. Una vicenda ancora confusa, su cui a marzo inizierà il processo.

Carlos Monzon, mani mortali

Carlos Monzon divenne campione mondiale dei pesi medi contro il nostro Nino Benvenuti, strappandogli la cintura in un incontro drammatico nel 1970. Argentino, considerato uno dei più grandi pugili di ogni epoca, nel 1988 venne accusato di aver strangolato e ucciso la sua terza moglie Alicia Muniz. Condannato a undici anni di carcere, tornò in libertà - vigilata - dopo sette, per buona condotta. Aveva l'obbligo di pernottare in carcere, ma nonostante questo continuava la sua vita abituale. grande appassionato di caccia, stava proprio rientrando da una battuta quando, l'8 gennaio 1995, sbandò con la sua auto lanciata a forte velocità, uscendo di strada e perdendo la vita.

OJ Simpson, innocente o colpevole?

E' diventata quasi una immagine iconica, quella di un grosso fuoristrada bianco che, nel giugno del 1994, percorre una autostrada americana, inseguito dalle auto della polizia. A bordo, OJ Simpson, campione di football americano e attore. Poche ore prima, in una villa di un sobborgo di Los Angeles, erano stati trovati i corpi di Nicole Brown, ex moglie del campione, e Ronald Lyle Goldman. La donna aveva ricevuto 12 coltellate, mentre il giovane 20. Arrestato e processato, OJ Simpson finì in carcere, inizialmente, ma il suo processo fu uno dei più clamorosi casi della giustizia americana. Venne assolto nel 1995, con una sentenza controversa, ma giudicato colpevole nel processo civile e dunque costretto a risarcire i familiari delle vittime. A oggi, a 76 anni, vive ancora in libertà vigilata.

Jovan Belcher, suicida davanti alla polizia

Era un giocatore di football americano anche Jovan Belcher, linebacker dei Kansas City Chiefs. Il 1° dicembre del 2012, era andato al centro di allenamento e, in maniera misteriosa, aveva voluto ringraziare il suo allenatore "per tutto". All'uscita, è arrivata un'auto della polizia: nella sua casa, infatti, era stato trovato il corpo senza vita della sua fidanzata Kasandra Perkins. Alla vista degli agenti, Belcher si era puntato la pistola alla testa e si era ucciso.

Bruno Fernandes de Souza e la fidanzata in pasto ai cani

Aveva giocato invece a calcio, come portiere nel Flamengo, in Brasile, Bruno Fernandes de Souza. Condannato a vent'anni di reclusione come mandante dell'omicidio della sua giovane amante Eliza Samudio. La ragazza aveva avuto un figlio da lui, ma l'ex calciatore le aveva chiesto di abortire. Allora, raccontano le cronache, aveva messo insieme una gang che aveva sequestrato la ragazza, l'aveva uccisa e data in pasto a dei rottweiler.

Andrew Hall, omicida suicida

Giocava da centrocampista, nello Stoke City, in Inghilterra, Andrew Hall, 18 anni. Nel 2021 ha ucciso con sessanta coltellate la fidanzata quindicenne Megan Leigh Peat, a una festa cui si erano recati insieme. E' stato condannato all'ergastolo.

La strage di Chris Benoit

Star del wrestling fra i più popolari, Chris Benoit il 24 giugno 2007 uccise la moglie Nancy e il figlio Daniel di 7 anni, soffocandoli dopo averli legati mani e piedi. Due giorni dopo, si tolse la vita impiccandosi. Secondo le indagini, all'origine delle uccisioni ci sarebbe stato un raptus d'ira dovuto all'uso massiccio di anabolizzanti da parte di Benoit. Altri accertamenti, avrebbero rivelato in seguito danni cerebrali e cardiaci, causati sempre dalle sostanze e dai colpi subiti nella sua carriera.

Il grido di Hurricane

Erano invece solo colpi della vita e dell'ingiustizia quelli subiti da Rubin Carter, pugile passato alla storia con il soprannome di Hurricane, dalla carriera non eccelsa a cavallo tra 1961 e 1966, ma segnata dalla volontà e dalla grinta di questo pugile, arrivato alla boxe dopo essere stato respinto dall'esercito e un periodo in riformatorio per rapina. Nel giugno del 1966, venne accusato di aver partecipato a un triplice omicidio, in un negozio Patersone, nel New Jersey. Un testimone - un criminale di professione, peraltro - riconobbe Rubin Carter

Condannato a tre ergastoli, Hurricane urlò costantemente la propria innocenza, accusando il sistema giudiziario di averlo incriminato per un pregiudizio razziale. L'illegittimità del processo fu pronunciata da una Corte Federale e Carter poté tornare in libertà nel 1985, dopo quasi trent'anni in carcere da innocente. La sua storia ha ispirato, grazie a una lettera che il pugile scrisse dalla cella al "menestrello di Duluth", la meravigliosa canzone "Hurricane" di Bob Dylan. Al cinema, poi Carter ha avuto il volto di Denzel Washington in "Hurricane, il grido dell'innocenza".

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