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Tennis
02 Giugno 2025 - 17:50
Una frase secca, definitiva: «Non siamo amici, siamo rivali». Così Carlos Alcaraz ha messo fine alle speculazioni sul suo rapporto con Jannik Sinner. In un mondo come quello del tennis, dove la linea tra competizione e amicizia è sottile, la posizione del campione spagnolo è netta: non si può essere amici di chi si vuole battere.
Il tema, affascinante e ricorrente, è stato persino al centro del film Challengers di Luca Guadagnino, che ha esplorato il confine fluido — e a tratti erotico — tra legame personale e scontro sportivo. Ma se nel film la risposta rimaneva aperta, Alcaraz non ha dubbi: tra lui e Sinner c'è rispetto, ma nulla di più.
Durante i mesi di stop di Sinner, a seguito della squalifica, l’azzurro aveva rivelato di aver ricevuto (e non ricevuto) diversi messaggi dai colleghi. Aveva detto: «Ho capito che ci sono tanti giocatori che non pensavo fossero amici e una quantità abbastanza grande di giocatori che pensavo lo fossero, ma che amici non lo sono». In molti avevano letto tra le righe un riferimento proprio ad Alcaraz.
Ora la conferma arriva direttamente dal tennista spagnolo: «Non ho parlato con lui durante la squalifica. Ognuno pensa a se stesso. Non si può avere un'amicizia stretta con qualcuno che si vuole battere». Un’affermazione che spezza l’illusione del fair play profondo, ma che rispecchia la cruda realtà dell’agonismo ad altissimo livello.
Eppure, nel mondo del tennis esistono anche esempi opposti. In campo femminile, Sloane Stephens e Madison Keys non hanno mai nascosto il loro legame: «Vogliamo vincere, ma prima siamo amiche e alla fine lo restiamo». Lo stesso vale per Flavia Pennetta e Roberta Vinci, capaci di separare campo e sentimento.
Ma l’esempio più luminoso è quello di Roger Federer e Rafael Nadal. Rivali leggendari, hanno saputo coltivare nel tempo un’amicizia autentica. Lo stesso Federer l’ha ammesso: «La nostra rivalità ci ha resi migliori. E fuori dal campo, da concorrenti feroci siamo diventati amici per la vita».
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