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Valerio di Cesare si confessa in esclusiva: "Torino è casa mia"

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È cresciuto a Roma, è andato a Londra per due anni e dopo un continuo girovagare (Avellino, Albinoleffe, Mantova, Catanzaro e Vicenza), Valerio Di Cesare si è fermato a Torino: è alla sua terza stagione consecutiva in granata, un piccolo record personale. «In questa città vorrei viverci anche in futuro», ha confessato il difensore, alla sua stagione d'esordio in serie A: «Ci arrivo a 29 anni. È una bella esperienza».


Di Cesare, se l'aspettava così questo campionato?
«Sinceramente no. Puoi sbagliare davvero poco: mi ha impressionato la nostra partita con l'Inter, dove loro hanno vinto senza fare nulla e noi siamo stati subito puniti».
A 18 anni è andato in Inghilterra...
«Sì, dalla Lazio sono passato al Chelsea. Un infortunio però mi ha condizionato e, onestamente, forse non ero ancora pronto».

Ci racconta invece l'ultima estate di mercato? Lei era ormai un giocatore dello Spezia.
«È vero, ma alla fine il presidente Cairo non ha voluto cedermi. Poco dopo ho parlato con Ventura, che mi ha confermato la sua fiducia».


Chi invece è finito allo Spezia è un suo grande amico, Mirco Antenucci. Quanto le manca?
«Tanto, davvero. Qualche giorno fa è venuto qui a Torino e ci siamo visti: ci soffre ancora, ma è stato anche un po' sfortunato. Il Catania non ha fatto sconti».

Lei è un ex Chelsea, Glik è passato dal Real Madrid, Darmian è cresciuto nel Milan ed Ogbonna è un "nazionale". E siete la terza difesa della A.
«Siamo una squadra di fenomeni (sorride, ndr). Scherzi a parte, il merito è del nostro gioco e dell'allenatore. La nostra fase difensiva parte dagli attaccanti, che si sacrificano molto».

A Bergamo, 5-1 all'Atalanta: bravi voi o demeriti dell'avversario?
«Credo entrambe le cose. Siamo stati bravi e fortunati: dopo il secondo gol, loro sono crollati».

Il suo migliore amico, Federico Peluso, come l'ha presa?
«È ancora un po' giù per la sconfitta, l'ho sentito in questi giorni. E pensare che contro di lui avevo sempre perso: stavolta è andata diversamente».


Lo sa che nel derby di ritorno, dopo il mercato di gennaio, potrebbe ritrovarselo contro?
«So che è stato molto vicino alla Juve e spero che il trasferimento sia solo rimandato: sarebbe bello affrontarlo in quella partita».

Lei stesso si definisce come un "pagliaccio". Si sente l'anima di questo gruppo?
«A me piace viverlo lo spogliatoio. Non mi limito a venire qui per allenarmi e tornare a casa. Mi piace ridere e scherzare e prendere in giro un po' tutti».

E c'è chi se la prende?
«Eccome! Bianchi è il primo: non si offende, ma si vede che le soffre (ride, ndr)».

Parliamo di Torino: le piace?
«Amo questa città. Abito in centro con mia moglie Letizia e miei due figli, Andrea e Emma. Stiamo seriamente pensando di vivere qui anche in futuro».

C'è un posto in particolare che le è rimasto nel cuore?
«Sì, dove vivevo appena arrivato a Torino: piazza Carlina. Ne sono innamorato».

A suo figlio Andrea consiglierebbe una carriera da calciatore?
«Difficile rispondere. Per ora va a scuola calcio al Toro, poi io preferirei studiasse, ma le scelte le dovrà fare lui».


L'articolo di Andrea Scappazzoni

 
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