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18 Maggio 2021 - 08:32
Settimana torinese per Alessio Boni, reduce dai successi televisivi del suo professor Marioni ne “La compagnia del cigno”: questa mattina sarà protagonista alla Mole Antonelliana della presentazione dello spazio dedicato alla realtà virtuale nel Museo del cinema, giovedì sarà invece alle ore 18 ospite del riaperto Circolo dei Lettori in via Bogino 9, per raccontare il suo esordio letterario “Mordere la nebbia”.
Boni, cosa risponde a chi le dice che è troppo giovane per scrivere un’autobiografia? «Non avrei mai pensato di scriverne una, preso com’ero dal lavoro e dalla vita, ma poi la pandemia mi ha costretto a uno stop forzato e la nascita di mio figlio Lorenzo, a fine marzo 2020, mi ha spinto a farmi delle domande. È stato poi molto semplice scriverla, è la mia vita e avrei potuto fare un libro di 800 pagine!».
Uno dei momenti chiave della sua carriera riguarda una serie amatissima in Italia e in Piemonte, “Elisa di Rivombrosa”. «Sì, avevo già accettato la parte. Mi intrigava quel ruolo in costume da eroe romantico ed era una bella opportunità, soprattutto a livello economico. Poi però mi sono ritrovato tra le mani la sceneggiatura de “La meglio gioventù”: la sua lettura mi ha davvero squarciato, mi sono trovato a dover scegliere perché si giravano nello stesso periodo. Non ho avuto dubbi, il ruolo nel film di Marco Tullio Giordana era meraviglioso ma dover dire al produttore di “Elisa” che rifiutavo la parte è stato duro... per fortuna non avevo firmato nulla, anche se per me la parola data è ancora più vincolante di una firma».
È reduce dal successo de “La compagnia del cigno”, in cui interpreta un maestro appassionato: è un ruolo che ama? «Il ruolo del maestro in questo periodo storico è più importante che mai, ai ragazzi serve una guida, qualcuno che gli dica anche dei “no” per riuscire a indirizzarli. Manca educazione civica, ma anche un’istruzione sui pericoli di internet: bisogna cambiare le regole dell’insegnamento. Da quando ho girato questa fiction molte volte la gente mi ferma confidandomi che fare il musicista era il loro sogno, ma non lo hanno seguito: dipende solo da noi stessi, da quanto siamo disposti a fare per seguire le nostre passioni».
Torna a Torino per uno dei primi eventi con il pubblico presente, dopo tanti mesi: cosa la lega alla nostra città? «Amo Torino e la trovo esteticamente bellissima, molto elegante. Ma non solo: si vive una dimensione culturale eccellente. Poi a Torino si legano alcuni bei momenti della mia carriera: le settimane di riprese de “La meglio gioventù” e la fiction su Walter Chiari, che abbiamo girato qui e che ricordo come il ruolo più difficile della mia carriera. Sono davvero felice di poter ritornare».
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