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Lo sfogo

Raphael Gualazzi: «Sì, dobbiamo coltivare i talenti del jazz»

Il pianista marchigiano in concerto il 10 agosto nella splendida location del Forte di Exilles. Al suo fianco come sempre ci sarà Simona Molinari

Gualazzi

Raphael Gualazzi, pianista, interprete, compositore

Il pianoforte di Raphael Gualazzi illumina la notte delle stelle al Forte di Exilles. Marchigiano di Urbino come un altro suo illustre conterraneo e grande musicista, il pesarese Gioacchino Rossini, Gualazzi è atteso negli spazi dell’ex fortezza sabauda il 10 agosto dalle 21 (biglietti a 20 euro, ridotto 18), per il cartellone di “Borgate dal vivo”. Ospite speciale del concerto sarà la cantante Simona Molinari. In questo particolare live di montagna l’autore di successi come “Follia d’amore”, “Sai (ci basta un sogno)” oltre all’ultimo grande successo “L’estate di John Wayne”, si presenterà per quello che realmente è ovvero un pianista di jazz. Oltre ai pezzi del proprio repertorio infatti, il piano man marchigiano, sì confronterà con i classici della tradizione afroamericana.


Cosa si aspetta da questo live?
«Il paesaggio di montagna mi affascina da sempre. Le emozioni sono le stesse sia in pianura che in quota, non esistono tecniche particolari. Sarà una scaletta molto composita, che spazia dalle mie canzoni alle arie di Verdi, passando per le musiche da film fino ad arrivare al blues e al jazz. Per quanto riguarda il cinema, sono nato a Urbino, al confine tra Romagna e Marche. Mia mamma poi è riminese conterranea di Fellini e le suggestioni vengono naturali. Sul blues, mi piace pensare che questa musica mischi qualcosa di italiano, con la sofferenze dei neri d’America. Louis Armstrong nella sua autobiografia racconta di come abbia imparato a cucinare gli spaghetti grazie agli italiani emigrati a New Orleans. Ho scoperto il blues a 11 anni ascoltando “Yesterday” nella versione di Ray Charles. È stata una folgorazione».

Cosa fa prima di un concerto?
«Non ho riti particolari. L’unico elemento imprescindibile è la mia tastierina elettronica che porto sempre in camera d’albergo per scaldarmi. Dipendesse da me suonerei tutta la vita, ma per scrivere canzoni, bisogna vivere. Non si può rimanere prigionieri della propria arte».


Come è avvenuto l’incontro con Simona Molinari?
«A Sanremo 2018 nella serata dedicata alle cover, auspice Caterina Caselli. Simona è davvero una grande artista».

Lo farebbe un talent sul jazz?
«Non è questione di talent, ma di coltivare il talento. Fino agli Ottanta il jazz era molto presente in tv e in radio, cosa che prosegue ad esempio in Francia. Da qualche anno sono presidente dell’Urbino Jazz Festival, kermesse piccola ma combattiva e cerco di mantenere viva questa cultura».

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